Atti osceni in luogo privato

Diceva Giorgio Bassani, indimenticabile autore de Il giardino dei Finzi-Contini: “Non ho mai creduto alla crisi del romanzo, quello italiano compreso. Mi sono guardato bene dal cadere nell'errore di molti, sempre pronti a imbastire, sulle proprie debolezze e deficienze, delle teorie generali. Bisognerà pure, ho perfino detto, anni fa,  tornare a imitare, un giorno o l'altro, la fede di Stevenson: ripartire ogni volta, come lui, gettando tutta la posta sul tavolo, avendo per meta il capolavoro! In caso contrario, che senso avrebbe tenere la penna in mano?”. 

Ecco il romanzo di Marco Missiroli (nella foto) Atti osceni in luogo privato, Feltrinelli, sembra dargli ragione. Non si può non amare, anche disperatamente, e non commuoversi di fronte alle storie del protagonista Libero Marsell e della sua educazione sentimentale. Un percorso articolato tra le stagioni della vita e due mondi separati: Parigi e Milano. Un posto da cui scappare, un luogo in cui rifugiarsi. Per poi, alla fine, appartenere indissolubilmente ad entrambi. Il protagonista evoca, in molti tratti, proprio l’alter-ego letterario di Roth, quel Nathan Zuckerman che ha esordito con un romanzo provocatorio e giudicato irriguardoso – se non oltraggioso – dell’identità ebraica.

Libero, il protagonista del romanzo di Missiroli, scopre la madre che tradisce il padre col suo miglior amico. Un padre colto e ricco di fantasia ed esperto dei fiori di Bach che, da habitué del caffè parigino Duex Magots, conosce e gli fa incontrare Jean Paul Sartre, gli parla di Camus, gli insegna cosa dire alle donne per lasciarle senza fiato. E che poi lo lascia orfano, a Parigi, dove la famiglia si è trasferita da Milano per il suo lavoro, morendo solo, con in mano Le favole al telefono di Rodari. Poi nel romanzo ci sono altri libri, che sono arrivati a Libero attraverso il padre – il come lo scoprirete leggendo: Lo straniero di Camus, che gli insegna che i condannati a morte, come siamo inevitabilmente tutti, sono alla ricerca di amore sensuale e non di romanticismi, Il deserto dei tartari di Buzzati, la scoperta di sé nell'attesa, Il filo del rasoio di Maugham, per sapere come ci sente quando ci si trova in bilico e come uscirne, Mentre morivo di Faulkner per capire il senso e l'elaborazione di un lutto e così via, mentre Fontamara di Silone gli fa capire cosa sia uno scrittore.

Marco Missiroli ha una brillante e intensa scrittura cinematografica . Evocativa delle parole di Truffaut: “I film sono più armoniosi della vita, non ci sono intoppi nei film, non ci sono rallentamenti. I film vanno avanti come i treni, come i treni nella notte. La gente come me e come te, lo sai bene, siamo fatti per essere felici nel nostro lavoro del cinema”. Parole in cui c'è tutta l'essenza di una vita tormentata e assieme un'idea di cinema, vissuta in maniera viscerale, carnale, espressa con un'urgenza quasi vitale, che ritroviamo in questo romanzo.  Si capisce che Missiroli è un avido lettore. I libri, divorati uno dopo l'altro, costituiscono un aiuto per la ricerca dell’ amore vagheggiato e così difficile da conquistare. È un romanzo del sentire, al centro del quale ci sono persone e stati d'animo, desideri e pulsioni. Sempre presenti libri e film, bambini e adolescenti con le loro inquietudini, l'amicizia, la vita di coppia, la natura del desiderio, la morte, e con una forma di rispetto misto a timore il rapporto con le donne.

Sicuramente uno dei più riusciti romanzi di questi anni, da leggere assolutamente. Uno scrittore, Missiroli, che dei suoi libri ogni giorno scrive una pagina come fosse un tiro: in stile Garamond, corpo 13, con il Mac,alla mattina dalle 9 alle 11. Così fino alla fine del libro.  Tuttavia in quest’ultimo romanzo il rito è saltato e ha scritto dieci pagine al giorno. Un narratore “impuro”,  proprio nel senso di una ricchezza sentimentale accorata, impetuosa, quasi indifesa, che si libera sempre anche al di là dell’esercizio critico più maturo. E che ci coinvolge nel cerchio stesso della nostra esistenza.

 

 

22-04-2015 | 20:28