Cappuccetto Rosso deve morire /28

«Non sappiamo se era davvero innocente» disse il Commissario come a scusarsi.

«Certo, e nemmeno se era colpevole».

Il Commissario tacque: ora sapeva chi era quella donna e qual era il suo cognome da nubile, ma non sapeva ancora che cosa stava andando a fare al paese.

«Si ricordi che devo parlare con suo marito».

«Molto bene: quando lo trova gli dica che mi piacerebbe vederlo di quando in quando. Arrivederci».

La osservò entrare nel Villaggio e non poté non dirsi come quella donna fosse sexy, bella in modo imbarazzante. Parcheggiò la jeep e in quel momento gli si fece vicino l’Ispettore:

«Beh?».

«Alberto Russo è dentro. Sta seguendo il congresso come uno scolaretto».

«E tu che ci fai qui?».

«Ho saputo da un cameriere che Alberto Russo è venuto qui con un’auto e sono venuto a controllarla, ma è solo una macchina in affitto».

Il Commissario sbuffò una nuvoletta simile a un soffione e, involontariamente, fece una faccia perplessa. L’Ispettore non era abituato a vederlo così e, soprattutto, non era abituato a sentire se stesso in difficoltà fino a quel punto: non sapeva spiegarsi il motivo di quelle strane sensazioni, ma trovava il Commissario annichilito dai dubbi e fin troppo indeciso fra distinguo secondari e sentiva se stesso troppo teso per delle complicazioni tutto sommato marginali. Alla fine, l’Ispettore, non ce la fece più e glielo chiese, se non altro per sentirlo argomentare, perché gli piaceva quando il Commissario si perdeva nei meandri delle sue riflessioni, lo tranquillizzava, gli sembrava di essere anche più intelligente dopo che l’aveva ascoltato. Perciò si schiarì la voce e disse:

«Che ne pensa di tutto questo?».

Forse perché ne sentiva il bisogno anche lui, dato che parlando razionalizzava meglio, il Commissario cercò di rispondere quanto più esaustivamente possibile all’Ispettore.

Del resto, aveva già avuto modo di convincersi che nel Villaggio vigesse il modello della solidarietà organica di Durkheim. Le persone stavano isolate e in attrito, i diversi gruppi sociali, non vivevano armoniosamente e ciò comportava anomia. L’anomia è disordine e crimine, come avevano dimostrato Thomas e Znaniecki esaminando l’integrazione dei contadini polacchi negli Stati Uniti.

«Quelli vicini al mare non ne vogliono sapere di quelli vicini alla reception. Quelli vicini alla reception fanno di tutto per riuscire ad arrivare sul mare» disse infine il Commissario, mentre iniziava a incamminarsi verso la reception.

«Ma si tratta solo di una vacanza».

«Non vederla in modo così riduttivo. Stiamo parlando dei pochi giorni di vacanza che molte delle persone presenti possono vivere in un anno. Ad agosto o a luglio si ritrovano tutti qui, molti di loro si conoscono anche professionalmente e sul posto di lavoro hanno acquisito delle abitudini. Il rapporto gerarchico o professionale che professano durante tutto l’anno se lo portano anche in vacanza. Per cui, un avanzamento d’appartamento al Villaggio, è anche un avanzamento nella carriera. Sono sinonimi. Questo è il luogo ideale per far venire alla gente pulsioni omicide. Talcott Parsons diceva che senza cognizione dei ruoli c’è un deficit di socializzazione e quindi la criminalità, ma è proprio questa visione conservatrice ed etnocentrica che crea il senso del clan. Parsons diceva che la famiglia è il più importante agente socializzatore, ma se applichi questa idea al mondo del lavoro hai in automatico tutti i nostri mali italiani: le raccomandazioni per i mentecatti, le conventicole di stronzi autoreferenziali, le lobby criminali, le associazioni a delinquere... poi mi vengono a dire che siamo un paese vecchio. E come sempre, per neutralizzare questi discorsi di semplice buonsenso basta tacciarli di qualunquismo. Che idiozia!».

«Scusi, Commissario, ma questo cosa c’entra con l’omicidio? Ammesso che si tratti di un omicidio».

Trapassarono la reception e si immisero sul vialetto, diretti al bar per controllare l’uscita dei medici dal congresso o il loro ritorno alla chetichella dal mare.

«Ammesso che si tratti di un omicidio, il mio ragionamento c’entra pienamente. Non hai mai sentito parlare di Merton?» diniego dell’Ispettore «Merton è stato un grande sociologo: strano e appena appena decadente. Il suo vero cognome era Schokonick, ma a lui piaceva farsi chiamare Merlin perché gli piaceva la magia. Un bel giorno del 1924, poi, cambia nome definitivamente in Merton. Era una persona concreta, ma senza esagerare e preferiva dedicarsi alle “teorie di medio raggio”, come le chiamava lui. Una di queste teorie riguarda la devianza. Merton prende il termine “anomia” da Durkheim…».

«Scusi, cos’è l’anomia?».

«Per Durkheim, un sociologo francese, l’anomia è sostanzialmente quando le regole cambiano e tu non ti adegui: finisce che le tue regole non servono più ed è come se non ce le avessi e che le nuove ti scivolano addosso così non hai nemmeno quelle. Merton prende questa parola e dice che» si riaccese il sigaro che aveva all’angolo della bocca «l’anomia c’è quando i mezzi legittimi e gli scopi sociali non s’incontrano».

L’Ispettore aveva lo sguardo perplesso che si ha quando, intuito il senso delle singole parti, manca una comprensione d’insieme. Si sedettero al bar. Il Commissario ordinò un’anisetta, l’Ispettore una cedrata. Riprese il discorso, però, come se lo volesse rinfrescare a se medesimo e non per edurre l’Ispettore:

«Merton dice che se a un certo punto la società ti dà degli scopi, ma si scorda di specificare bene quali sono i mezzi legittimi per raggiungerli o rende difficile il raggiungimento degli scopi usando i mezzi socialmente accettati. La società ti dice che devi essere bello e ricco, ma non ti dice quali sono precisamente i mezzi legittimi per diventarlo».

«Qualche volta lo fa».

«Sì, ma in quei casi hai la prova pratica dei grandi ostacoli che ci sono per essere bello e ricco. Così nasce la devianza. Inoltre Merton dice che ci sono quattro tipi di deviati: gl’innovatori (che hanno gli stessi scopi della società, ma ci vogliono arrivare con altri mezzi), i ritualisti (te ne infischi degli scopi e usi pedissequamente i mezzi legittimi), i rinunciatari (rifiuti scopi e mezzi e ti ritiri a vita privata) e infine i ribelli (che rifiutano scopi e mezzi, ma li vogliono sostituire con altri)».

«Continuo a non capire cosa c’entra col delitto-ammesso-che-sia-un-delitto».

«Le devianze si manifestano quando c’è una deprivazione sociale, quando vuoi avere qualcosa che non hai e i mezzi che utilizzi per procurartela non sono leciti».

«Quindi» concluse l’Ispettore «se questo è un delitto, l’assassino voleva qualcosa dalla vittima».

«Appunto. E visto che stiamo parlando di un manager, dobbiamo pensare che si trattasse di un affare di cui la vittima si stava occupando».

L’Ispettore era abbastanza d’accordo, solo che non riusciva a capire perché il Commissario aveva dovuto fare tutto quel giro per spiegarsi, visto che era un’ipotesi abbastanza immediata. Dentro di sé l’aveva sempre pensato che quell’uomo fosse un filosofo mancato e che certe volte era troppo astratto, ma tutto sommato quel metodo aveva il suo fascino: se non altro veniva a conoscenza di un sacco di cose nuove. E, come già detto, sentirlo divagare era rilassante.

Il Commissario, invece, iniziava a domandarsi se il modo con cui aveva approcciato quel caso non fosse stato un po’ troppo frivolo, ma scacciò subito il pensiero. In ogni caso sarebbe durato ancora poco. All’idea si sentiva sollevato.

18-09-2015 | 12:22