Il contino Giacomo e i bagni dei treni

La civiltà comincia là dove il predellino del treno è a filo col marciapiedi. Ecco nella foto in basso un bagno di un treno svizzero. Si sa che quando si parla di Svizzera in Italia la reazione è quasi sempre: "Ah, per carità! Tutto è pulitino, ordinatino…”. È chiaro che vivere invece in un merdaio esprime spirito artistico, vitalità, etc. Stupefacente che nelle atroci interviste volanti ai "Forconi" – Gesù, che armi arcaiche sceglie sempre il populismo italico: il cortello (gaddiano) dei fascisti; ora i forconi di Tommaso Aniello – la prima lamentela era:  "Lo stato non ci dà niente... tengo un figlio disoccupato... devo pagare le rate del camion... e io con le vacche che ho comprato che ci faccio?". Nessuna delle richieste era sociale: particulare trionfante. 

Viene un sospetto: non è che gli Svizzeri, o gli Svedesi, o gli invidiati quanto odiati tedeschi, abbiano quel che hanno saputo chiedere a se stessi? Uno Stato, prima di essere tale, dovrebbe essere una Società, se così fosse lo Stato saremmo veramente noi. È vero, i cessi dei treni italiani, in particolare i cosiddetti TRV, regionale veloce – l'umorismo è morto secoli fa da noi – sono una schifosa vergogna. Ma pipì in confezione spray, reperti vari in attesa del coprologo, o del coprofilo; relitti di una genitalità triste, di impellenze fisiologiche che meriterebbero luoghi più asettici, chi ce li lascia? Lo Stato? I politici cattivi e responsabili assolutamente di tutto?

Per cominciare a rispondere a questi enigmi consiglio, anzi ordino, la lettura del Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani del contino Giacomo. Il primo e forse unico, e certo il più grande, saggio antropologico su chi siamo. Dopodiché torniamo a meditare su questa foto.

09-01-2014 | 22:02