Il pittore Michael Cimino

Lorenzo Longagnani

Un artista puro, purissimo, al punto da non venire del tutto compreso da gran parte di pubblico e neanche – fino n fondo – dai cosiddetti addetti ai lavori. Per cui, quando alcuni comportamenti eccessivi e qualche errore delinearono il suo profilo di regista, non tardarono ad arrivare critiche negative e un declino troppo prematuro.

Sin da quando era molto giovane Michael Cimino amava completamente l’arte. Letteratura, musica, architettura, ma più di ogni altra espressione artistica fu la pittura a rapirlo: era questa la forma d’arte che più lo conquistò nell’adolescenza al punto da spingerlo, diciassettenne, ad iscriversi alla Westbury High School, quindi alla Michigan State University in cui si laureò in Arti Grafiche. Nel 1962 conseguì anche un dottorato in Pittura alla prestigiosa Università di Yale. La pittura quindi, il disegno, e il disegno è un sogno, una visione, l’immagine di un immagine che focalizziamo nella nostra mente, un contenuto che tentiamo di riprodurre in qualche forma. Così, quando Michael ebbe l’occasione di dirigere lavori tutti suoi come Il Cacciatore o I Cancelli del Cielo, tentò di realizzare opere che avessero la parvenza di un affresco, un quadro indelebile negli occhi di chi lo avrebbe osservato.

Nonostante il Cacciatore sia un epiteto riferito al protagonista, nel cinema visionario di Cimino non era il soggetto la parte preponderante della sceneggiatura: il soggetto era ovviamente molto importante, e per questo ricercato e curato, ma di più lo era la fotografia, l’atmosfera che il film, con scene di forte empatia, doveva lasciare. Più che per il copione, per le battute o i dialoghi, il magistrale De Niro viene ricordato per il cambiamento caratteriale di Mike, dell’uomo che rappresenta nell’epoca e nel contesto in cui vive, e lo stesso discorso si adatta perfettamente anche alle intense interpretazioni di John Cazale, Christopher Walken e Meryl Streep.

Sicuramente agli inizi della propria carriera, nei primi Settanta, per farsi largo nel mondo del cinema, Cimino ha dovuto adattare le proprie idee a pellicole già progettate da esperti sceneggiatori o registi con cui si trovava a collaborare, contribuendo come co-sceneggiatore. Ottenne grandi riconoscimenti da attori e produttori per la sua grande capacità di ricavare soggetti intensi e iconoclastici che, uniti alla bravura dell’interprete, tramutavano trame abbastanza elementari in film divenuti classici, come nel caso di Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan. Tant’è che nel 1974 Clint Eastwood lo vuole ancora per la regia di Una calibro 20 per lo specialista, pellicola, in cui recita un giovane Jeff Bridges, che darà a Cimino le credenziali per ottenere, nel 1978, la direzione de Il Cacciatore, un cult movie dal cast stellare che ottenne nove nomination ai premi Oscar e ben cinque statuette, tra le quali Miglior Film e miglior Regia.

Il suo stile avrebbe ottenuto la consacrazione dieci anni dopo. Diciamo “avrebbe” perché l’aurea del fallimento, dovuta all’enorme flop commerciale del sontuoso I Cancelli del Cielo, girato nel 1979 con spese faraoniche, che avvolgeva Micheal Cimino non gli permise di ottenere in futuro le occasioni che avrebbe invece meritato. Poi la sua vocazione a una gestione del budget in cui non si badava a spese non aiutarono la sua appetibilità agli occhi di diversi produttori che lo accusarono, senza troppo tener conto di legittime attenuanti, di aver mandato in bancarotta la casa cinematografica United Artist che produsse il film. Come ricordava Oliver Stone, con il quale collaborò negli anni Ottanta per la stesura del copione de L’anno del Dragone con Mickey Rourke, il regista Michael Cimino non era interessato a costi e bilanci, bensì era totalmente assorto nella realizzazione perfetta della sua visione, a qualunque condizione. Michael Cimino è forse uno dei pochi registi di Hollywood a vantare più progetti non realizzati che realizzati, nonostante sia divenuto un esempio e una fonte di grande ispirazione per numerosi attori, colleghi e spettatori di diverse generazioni. Un artista che, nel bene e nel male, è sempre rimasto fedele alla propria ideologia di Arte, al punto da sembrarne succube, come se fosse l’Arte, e non lui, a consentirgli di andare avanti nelle proprie convinzioni. Il desiderio, sempre, di girare il più grande film di ogni tempo, a beneficio di tutti. Questa forza irrefrenabile è figlia di un amore puro per l’arte. Anzi, purissimo.

 

 

11-07-2016 | 13:29