La bottiglia dal collo lungo

In Italia quasi tutti gli appassionati di vino, che siano neofiti entusiasti oppure affermati professionisti del settore, conoscono e amano Cantina Terlano. E il tempo è, e da sempre è stato, un elemento costituente fondamentale per le sorti di questa peculiare realtà vinicola fondata nell’anno 1893 come una delle prime cantine sociali dell'Alto Adige.

Qui in particolare è la terra, la cura dell’uva, quel meraviglioso, insostituibile equilibrio di geologia, clima e lavoro dell’uomo a determinare la produzione di vino. Nella vecchia cantina (oggi ampliata da una nuova imponente costruzione), interrata per diversi metri sotto terra, le annate reputate come superiori sono da sempre immagazzinate e il loro sviluppo, l’evoluzione è tenuta costantemente sotto osservazione.

La cantina conserva circa 12.000 bottiglie di tutte i millesimi dal 1955 a oggi, alcune delle quali ancora più vecchie. La bottiglia più antica risale all'anno della fondazione.

Il tempo, dicevamo, come elemento costituente imprescindibile per la nascita del vino; il tempo e la terra. Per capire le espressioni più vere dei bianchi di Terlano bisogna leggere la terra, così determinante nell’impronta che conferisce ai vini. Nelle colline circostanti, infatti, i vigneti crescono su terreni porfirici dalla colorazione rossastra. Si tratta di rocce vulcaniche con grosse inclusioni minerali, chiamate in geologia porfidi quarziferi. Lo strato superiore vivo è sabbioso e soffice, permeabile e fortemente in grado di accumulare calore, con una quota di limo molto ridotta. I terreni sono leggermente acidi.  Inoltre l'alto contenuto di minerali dà ai vini una nota del tutto particolare ed è corresponsabile della loro straordinaria longevità.

La maturazione del vino deve essere lenta. I vini rimangono sui lieviti spesso per anni prima di essere trasferiti nelle botti e nelle bottiglie sino alla loro completa maturazione. Ciò che conta non è tanto stimolare gli aromi primari, quanto quelli secondari e terziari, quelli cioè che danno evoluzione al prodotto. A Terlano esistono inoltre alcune eccellenti annate che vengono imbottigliate anche dopo 10 anni di maturazione sui lieviti.

Nella nostra memoria ci sono alcune grandi tappe che ci hanno insegnato a bere. Rileggerne oggi, nel ricordo personale, sfumature ancora vive e fortemente impresse dentro di noi, significa riassaporarne gli screziati profumi, la tenue complessità gustativa, quella sottile eleganza di donna alta e slanciata, con poco trucco. E allora spazio ai ricordi.

Pinot Bianco Terlano 1983, imbottigliato dopo dieci anni, il 15/2/1993 in occasione del primo centenario di fondazione della Cantina Sociale (in 3.340 esemplari).

Pinot Bianco Vorberg 2000, Pinot Bianco Vorberg 2001, Pinot Bianco Vorberg Riserva 2002, Pinot Bianco Vorberg Riserva 2003. E poi, ancora un Sauvignon 1984 (che meraviglioso esemplare) Chardonnay 1995 eTerlaner Classico 2004

Otto vini così, ripescati nella memoria. La nota, la cifra comune nei Pinot Bianco e non solo, anche in annate tanto lontane e diverse (pensiamo alla caldissima 2003, di fianco alla piovosa 2002 o alla 2001, oppure alla lontana e tiepida 1983) emerge in modo marcato e netto, in alcuni casi anche “coprendo” la caratteristica varietale del vigneto di provenienza.

Insomma è la terra il dono della longevità. Questa alchimia magica di minerali che allunga la vita, quasi come un elisir. È più giù, è nel dentro, lungo le sottili diramazioni che le radici di vecchie vigne traggono forza da una terra unica e irripetibile, dura e pietrosa. I minerali sono linfa del nutrimento che si diverte a giocare, danzando, tra un mosaico variegato di preziosi tasselli distribuiti come in un dedalo antico. È la pietra che si fa vino, assorbita dalle viti che germogliano e fruttificano l’oro; un oro antico, lucente, per chi sa leggere la bellezza nei segni che la nuda terra manifesta.

Terlano e il tempo; forse due cose in una. Lo si scopre chiudendo gli occhi, bevendo delicatamente e immaginando ciò che si porta addosso quel vino, chi raccolse quell’uva, chi la lavorò, cosa succedeva in quel finire dell’estate 1983...

 

(Foto Davide Di Prato)

 

07-05-2014 | 00:33