La poesia che porta oltre le stelle

Non andartene docile in quella buona notte

I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;

Infuria, infuria, contro il morire della luce.

La prima strofa di una delle poesie più intense del poeta gallese Dylan Thomas accompagna il viaggio cosmico raccontato nel film Interstellar (trailer in basso), quando l’ultimo equipaggio di astronauti sopravvissuti esplora l’universo oltre le colonne d’Ercole del sistema solare - per salvare la nostra umanità da un’imminente estinzione.

Come è possibile che si esaurisca un genere umano che ha saputo elaborare una tecnologia capace di tracciare un viaggio tra le stelle al fine di potersi ripopolare dall’altra parte della nostra galassia? Merita di non lasciare traccia una civiltà capace di scrivere versi di così intenso lirismo?

Dylan Thomas compose questi versi all’inizio degli anni cinquanta. La poesia è un ultimo saluto del poeta al padre morente. La forza dei versi si anima dalla costatazione in cui l’uomo riconosce la propria estrema fragilità di fronte alla perdita di un genitore. Un sentimento universale, imposto per legge di Natura, che pone l’orfano a ricoprire un altro ruolo nel gioco delle generazioni della vita. Una poesia testamento che non a caso rappresenta, nell’estetica del poeta, il punto di arrivo di un percorso che si era aperto mesi prima con la ninna nanna “Nel sonno campestre”. Versi che Thomas compose per la figlia Aeronwy di tre anni durante il suo soggiorno a Rio Marina, all’Isola d’Elba, nell’estate del 1947, nel poema che darà il titolo alla raccolta definitiva delle sue opere scelte.

La poesia qui composta come estremo saluto al padre, anticipa anche l’imminente fine del poeta, che neppure due anni dopo, accelerando il suo processo di autodistruzione, ci lascerà un freddo mattino di novembre in una stanza del Chelsea Hotel di New York. Tutte queste chiavi di lettura, colte allora in una delle poesie centrali del novecento mondiale, si amplificano e si integrano perfettamente nella sceneggiatura e nella storia di questa prima odissea nello spazio ragionata oltre il concetto della relatività: quei riferimenti che hanno marchiato tutto il genere nel secolo scorso e che oggi sono qui completamente rivoluzionati per la prima volta nel sottotesto divulgativo della pellicola.  

Senza svelare troppo a chi non ha ancora visto il film, nel soggetto di Interstellar l’elemento cardine del protagonista sta proprio nel dover mantenere una promessa alla figlia lasciata bambina sulla Terra. La poesia di Thomas, che diventa quasi una sorta di preghiera laica e che accompagna l’equipaggio nel corso di questo viaggio, si arricchisce, procedendo nel film, di stimoli sempre più interessanti e ci offre nell’intreccio momenti sempre più emotivi. Il tutto regolato secondo le perfette leggi dell’entertainment.  

Uno spettatore erudito, proiettando questa storia personale sullo sfondo della palingenesi universale a cui tende molto ambiziosamente il film, forse si sentirebbe in dovere di relazionare la poesia di Thomas con “La Ginestra” di Leopardi. Un’altra poesia che non a caso sta godendo di una rinnovata fortuna proprio in queste settimane grazie al film biografico Il giovane favoloso.

La poesia di Leopardi, recitata da Elio Germano in limine mortis, curiosamente chiude il recente film di Martone proprio con una citazione “cosmica” che molto deve al penultimo film di Malick L’albero della vita.

L’esempio della poesia che, in un viaggio oltre le logiche cartesiane, si scioglie oltre le dimensioni e il tempo, rappresenta da parte di Nolan non solo la trasposizione più fedele possibile ma anche l’omaggio più alto realizzato per il primo centenario di Dylan Thomas, nato a Swansea, in Galles, nell’autunno del 1914.

Per dovere di cronaca dobbiamo segnalare che questo non si tratta del primo viaggio interstellare per Dylan Thomas e la sua pagina. Nel film Solaris, diretto da Soderbergh una dozzina di anni fa, tutta l’elaborazione del lutto dell’astronauta protagonista Clooney ruota intorno alla poesia di Thomas “E la morte non avrà più dominio”.

Altri versi sublimi per ricordarci che l’amore parla in una dimensione più profonda, oltre la logica, la gravità e le convenzioni che regolano la fisica umana. L’amore che si crea tra due amanti non è destinato ad estinguersi, rappresenta in vero quella forza motore dell’universo che non si esaurisce mai ma ne costituisce la grandezza e l’energia. Se la scienza trae spunto dalla nostra volontà di sopravvivenza è proprio perché esiste la poesia.

Non solo perché, come in questi esempi, si riflette nell’Iperuranio della finzione, ma perché è stata la prima espressione umana capace già di raggiungere, con i suoi versi più universali, l’Empireo. Non a caso il luogo dove l’Uomo incontra Dio.  

 

 

22-12-2014 | 16:07