La porta filosofica

Jean-Luc Nancy

Una porta filosofica per il Sacro Eremo di Camaldoli. Un'opera firmata da Claudio Parmiggiani. Un testo scritto da uno dei più illustri filosofi viventi.

 

Come si aprirebbe una porta all'estremo di un bosco,
una porta che guardasse all'esterno del bosco, oppure più in là nel profondo della foresta,
più lontano nella foresta della foresta stessa.

Come una porta che si affacciasse su un altro mondo,
di cui il bosco intero sarebbe solo un presentimento, il bosco già esso stesso aperto fra i suoi
alberi, i suoi rami, le sue forcelle,
nelle brecciame delle rose scorze, nelle vacuità degli alberi morti,
nella separazione dei rami e delle arboree chiome,
i voli di uccelli da un angolo all'altro del cielo.

Una porta aperta sullo spazio,
Campo Maldoli oppure (secondo “I Fasti della chiesa”)
Campus amabilis.

Come da ciascuna di queste spaziature una porta si aprirebbe, una porta sempre ricominciata,
o ramificazioni, biforcazioni, arborescenze che si aprirebbero come una
stessa porta moltiplicata, una porta per passare dall'altro lato.

Come l'altro sarebbe già là attraverso la porta,
addotto già dalla porta da quella parte, aperto sull'altro e aprente l'altro, aprendolo al passo che
varcherebbe la soglia,
una volta aperta la porta.

Il passo che entrerebbe nell'altro mondo, nel rovescio del mondo,
dove il mondo sarebbe decifrato,
come un libro che si aprirebbe,
un libro aperto al fondo di una foresta di segni,
spaziando, allineando, componendo le impronte, l'assemblaggio dei segni, delle tracce, dei segnali
da cui si ricava una linea, un cammino, un percorso,
con la sua regola, la sua cadenza, le sue tappe

Come si aprirebbeuna strada nel fondo del bosco, nel fondo del libro
scostando rami e sfogliando pagine,
un passaggio attraverso cui passare,
non una ma centinaia di volte sempre nuovamente varcando la  soglia.

La soglia come decisione dall'uno verso l'altro,
indecidibile fra l'uno e l'altro, dall'uno all'altro il varcare,
il passaggio dall'aperto attraverso l'aperto
che dà all'uno e all'altro la sua forma, il suo modo e il suo slancio.

Come l'aperto si darebbe la  sua forma e il suo modo di porta o di libro o di passo.
Come una porta si chiuderebbe alle tue spalle, dietro al tuo passare, senza chiudere l'apertura,
anzi mantenendola, proteggendola,
tenendo aperta  la sua breccia,
spaziata la sua spaziatura e ramosa la sua ramaglia.

Come la foresta non si chiude sull'albero ma gli tiene il suo posto, come la pagina del libro
tiene aperte le pagine già volate, già chiuse,
e il libro chiuso protegge la sua lettura e tutte le sue meditazioni.

Come la regolarità custodisce la variazione, la scossa conserva lo slancio, l'inverno mette nel granaio
l'estate e matura la primavera,
come essa mi custodisce,
così la porta richiusa, pesante, sul tuo passaggio,
che non smette di passare.

Come la bocca aperta e richiusa sul suo favellare,
come tutte le porte del corpo e il corpo stesso portano da parte a parte, così
si tutela il segreto del passaggio,
insieme a quello dell'accesso.

Passata la porta e passato il libro, passati la parola e il corpo, l'uccello nel cielo, passati l'albero
e la foresta,
l'accesso non segue, al modo stesso che non avrà preceduto: è solo lì, passante,
disponibile, accogliente, inaccessibile campus amabilis.

 

(traduzione di Giancarlo Buzzi - da La porta filosofica di Claudio Parmiggiani per il Sacro Eremo di Camaldoli, Corsiero Editore)

05-11-2013 | 16:37