L'esploratore che lasciò Venezia

Siamo alla fine del XV secolo. Venezia ha perso gran parte del suo impero coloniale e lotta caparbiamente con il turco. I commerci si stanno spostando dal Mediterraneo all’Europa settentrionale e l’Impero Ottomano blocca gli accessi alle spezie e alle risorse dell’Oriente.

È in questo periodo che nasce Alvise, primogenito della famiglia. Sin dalla tenera età è avvezzo al mare, è imbarcato come mozzo, dove viaggia nel Mediterraneo tra l’Africa Settentrionale e Creta. Dopo una così caparbia gavetta parte finalmente per le Fiandre, dove impara a destreggiarsi tra i flutti e le correnti del tempestoso Atlantico. Il suo ritorno a Venezia, però, si rivela drammatico. Suo padre era appena stato bandito dalla Repubblica e la sua famiglia era caduta in povertà, Alvise è così costretto a riprendere il mare. Le Fiandre sono il suo obiettivo, unico luogo dove poter ancora costruire una discreta fortuna, ma la malasorte lo perseguita. All’altezza del Portogallo una tempesta lo costringe all’ammaraggio sulla costa. L’imprevisto però si rivela fortunoso e volano di future opportunità. L’infante del regno, tal Enrico, li accoglie nella sua magione. Il nobile lusitano è affascinato da Alvise, lo trova giovane e baldanzoso ma anche carico di odio verso il destino avverso. Il suo spirito avventuroso e l’animo del commerciante vivono assieme in quella giovane figura. Enrico offre così una nuova possibilità al rampollo Da Mosto, ossia quella di guidare una spedizione portoghese verso le nuove terre inesplorate ed aprire nuove rotte commerciali. Il Da Mosto è così eccitato che scrive sul suo diario di essere “infiammato dal desiderio di visitare quelle terre e regioni di recente scoperta” e accetta di buon grado.

Nella primavera del 1455, carico di emozioni contrastanti, parte dal porto di Lisbona. È finalmente capo di una sua spedizione e il suo spirito di avventura lo sprona a giungere verso i luoghi inesplorati. Il suo viaggio lo porta a visitare l’isola di Madeira, poi verso il caldo sud, ecco le isole vulcaniche delle Canarie, bellissime, ricche di vegetazione e di strani uccelli gialli. Poi da lì si sposta verso il continente africano, dove entra nella foce del fiume Senegal. Quei luoghi gli ricordano la sua amata laguna tanta è la sabbia e le spiagge che vede. Risalendo l’immenso braccio d’acqua, incontra pure la popolazione locale che si rivela essere gentile ed accogliente. Scambia con loro cavalli per schiavi, e rimane nel villaggio per un intero mese. Annota, scrive, scopre, parla e ovviamente fa il mercante.

Alvise si muove perfettamente nella sua nuova realtà e si sente nuovamente padrone della sua vita, poi riparte nuovamente per l’oceano. Da lì a poco incontra una spedizione portoghese, guidata da Antonio da Noli. Uno scambio di battute tra i due capitani e subito nasce un’amicizia legata alla comunione d’intenti. Decidono così di esplorare assieme altri luoghi, come il Golfo di Gorsa e poi l’importantissimo fiume Gambia (nell’odierno Senegal). Tentano assieme di risalire il fiume, ma la piena e il tempo non perfetto, proibiscono loro la nuova impresa. Alvise torna così un anno dopo, assieme ad un genovese. Si dirigono nuovamente verso il fiume Gambia, ma una tempesta li colpisce e li porta, due giorni e tre notti, lontani dal loro obiettivo. Il giorno dopo, appena riapparso il sole, si fermano in un’isola bellissima e con una vegetazione rigogliosa. Si tratta di Capo Verde e le due isole che lo compongono, Buona Vista (Boa Vista) e San Jacobo (Santiago). Queste isole portano ancora il nome dato loro da Alvise che ritornò in quei luoghi più volte prima di sposarsi e stabilirsi definitivamente a Venezia.

 

 

18-02-2015 | 12:50