Pasticcio di fegatini al tartufo bianco con insalatina di erbe spontanee - La Bandiera - Civitella Casanova (PE) – Chef Mattia Spadone

“Molti ritengono che un dipinto sia finito quando il maggior numero possibile di dettagli è stato completato. Ma una singola linea può essere un’opera d’arte”, scriveva Edvard Munch. Sta di fatto che negli ultimi decenni la cucina ha esplorato quasi esclusivamente il genere one stroke, ossificando sempre più un purismo teso alla monografia e tralasciando equilibri più complessi, di stampo barocco eppure capaci di pari esattezza e pulizia, sicuramente più difficili da gestire nella concitazione del servizio, sulla scia dei tomates aux douze saveurs di Alain Passard. Un giovane solista che può coltivare la propria differenza. Il pasticcio di fegatini di Mattia Spadone è presentato verticalizzato, rispolverando un’intuizione di Pierre Gagnaire, con una mousse sfumata al Porto, montata al burro e aromatizzata al tartufo bianco in strisciata alla base. Per guarnizione gli abbinamenti classici, rimescolati in un caos ordinato e rigoroso: la brunoise di gelatina di radici, erbe aromatiche e funghi, la riduzione di barbabietola, la dadolata di champignon e i prataioli essiccati per le note terragne; la mela granny smith a julienne, disidratata in briciole e i chicchi di melagrana per l’acidità e la dolcezza, a temperare l’amaro con la purea di mele cotogne all’olio di oliva; l’olio di nocciole e le nocciole non sbucciate per i tannini; l’olio agrumato e l’estratto di erbe aromatiche per la clorofilla. In cima una cascata di erbe spontanee raccolte nella natura circostante, germogli di lenticchie e favino coltivati in proprio, al posto dell’insalatina di rito, più un crumble di pane per il croccante. Coriandoli di testure e di sapori che creano un piatto cieco, nello stile dei monocromi, e vagamente paesaggistico. Il salvadanaio della tradizione è rotto in un “gargouillou” estemporaneo, dove la cultura viene naturalizzata come una rovina invasa dalle verzure.

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