Troppi segreti, troppe bugie

Il cinema inglese degli anni novanta rappresenta una fucina fertile e sorprendente ed andrebbe riscoperto tutto. Partire dal capolavoro intimo e vibrante di Mike Leigh è un ottimo passo per addentrarsi in questo territorio di parole e immagini così distanti da quasi tutto il resto della produzione cinematografica europea da sembrare, a tratti, addirittura teatro.

Hortense, giovane donna di origini afroamericane, adottata alla nascita da una famiglia borghese che le ha fornito affetto e istruzione, alla morte della madre adottiva decide di mettersi alla ricerca della propria madre biologica. Enorme sarà la sorpresa, per non dire lo sgomento, quando la incontrerà in Chyntia, bianca, proletaria e incasinata con una sigaretta per dito e la sua figlia minore Roxanne, ruvida come un pezzo di pane secco, che della sua esistenza non aveva la minima idea.

Come tutti del resto, a parte Chyntia stessa, che però insieme a quella figlia aveva abbandonato una parte di sé definitivamente, tanti anni prima, scegliendo la menzogna e il rimorso invece della "semplice" verità. A coordinare questo incontro e questa nuova, improvvisa famiglia, ci sarà la figura del fratello di Chyntia, Maurice, fotografo dai sentimenti e pensieri profondi e delicati con il grande rimpianto di non aver potuto avere figli dalla – anche a causa di questa privazione – nevrotica moglie.

Il film smuove e commuove in un crescendo di emozioni che coinvolgono tutti, chi più chi meno, perché tutti abbiamo una famiglia dalla quale proveniamo, nella quale a volte non siamo capiti, o che noi stessi non comprendiamo. Alcuni, i meno fortunati, vengono molto feriti da dinamiche che non hanno il tempo di vedere dal di fuori, perché crescono con loro. Altri sono causa di queste dinamiche e si raccontano un mare di balle per sopravvivere prima di tutto a se stessi. Conclusione, spessissimo famiglia è sinonimo di non detto o di detto troppo e male, di incomprensioni, di lacerazioni che si perpetuano a mo' di karma per generazioni, in spirali infinite e infinitamente senza senso, a pensarci bene. A volte basta la verità, che una volta detta ammazza adamantina l'ombra cinese che tanto la imbestialiva nel silenzio.

Maurice, il piccolo enorme Buddha della storia, dimostra che il vero dramma è, se lo si desidera ardentemente, non averne persone da amare, distruggere e poi ricostruire, come solo fra genitori e figli può avvenire. Alla fine tutto può aggiustarsi se l'amore sincero e limpido vince sugli imbarazzi, sulle paure, sui pregiudizi, sull'analfabetismo sentimentale. Sembra una frase fatta ma quanta strada, invece, c'è da fare, per ognuno di noi, ogni giorno. Adelante allora.

(Segreti e bugie, Mike Leigh, 1996)

11-03-2014 | 12:07