Chi ha paura dell'uomo lupo?
Uomini e lupi: una storia antica. Fatta di reciproca ostilità e di segreta ammirazione. Scritta con il sangue versato dagli uni e dagli altri. Ma, se alcuni generi enfatizzano il conflitto e creano suggestioni fantastiche e cruente sul tema, la favola saggiamente sdrammatizza e anzi le demolisce, trasformando il dramma in divertissement. E così – ed è quello che accade in questa narrazione di età bizantina - la licantropia diventa il pretesto per una beffa. Che smaschera i falsi miti e si prende gioco della credulità diffusa.
Il ladro e l'albergatore
Un ladro sostò in una locanda e là soggiornò per alcuni giorni nella speranza di rubare qualcosa. Poiché non riuscì nel suo intento, un giorno vide l’albergatore vestito con un mantello nuovo e bello – era infatti festa – seduto davanti alla sua porta, mentre nessun altro si trovava là. Allora il ladro lo raggiunse, si sedette accanto e cominciò a conversare con lui; durante il colloquio che si protraeva parecchio, il ladro prese a sbadigliare, ululando allo stesso tempo come un lupo. Allora l’albergatore gli chiese perché facesse così e il ladro rispose: “Te lo dirò, ma ti prego di custodire il mio mantello, perché io lo lascerò qui. Io, signore, non so da dove mi viene questo sbadigliare, non conosco per quale colpa o altra causa accada; ma quando sbadiglio per la terza volta, divento un lupo e mangio gli uomini”. E, dopo avere detto queste parole, sbadigliò per la seconda volta, ululando nuovamente come prima. All’udire questo discorso, l’albergatore, credendo al ladro, fu preso dalla paura e si alzò, con l’intenzione di fuggire. Il ladro lo afferrò per il vestito e lo pregò, dicendo: “Attendi, signore, e prendi il mio mantello, perché io non lo faccia a pezzi”. E, mentre lo pregava, aprì la bocca e cominciò a sbadigliare per la terza volta. L’albergatore, preso dal timore di essere sbranato, lasciò il suo chitone e rientrò di corsa nella locanda, chiudendosi all’interno. Il ladro, allora, prese il mantello e se ne andò. Capita così a coloro che credono a quanto non è vero.
(Christian Stocchi, Dizionario della fovola antica, Bur-Rizzoli, 2013)