Negli abissi di Francis Bacon
“Francis Bacon – Le atmosfere Letterarie” di Marco Tonelli, uscito recentemente per i tipi di De Luca Editori d’Arte, è un vero e proprio viaggio negli abissi, in quel ginepraio insidioso e oscuro dal quale Francis Bacon traeva spunto per la creazione della sua arte e per alimentarne spietatamente le convulse premesse.
Quello dei riferimenti letterari baconiani è a tutti gli effetti un percorso parallelo alla pittura, a tratti torbido, indubbiamente controverso se paragonato all’atteggiamento asettico e sostanzialmente innocuo con il quale la contemporaneità è solita definire gli elementi formativi, ispirativi, intellettuali. Non risulterà strano, quindi, trovare su queste pagine riferimenti a Lautréamont, Bataille, Nietzsche, Kafka, Baudelaire, Pound, Dostoevsky, Genet, alcuni degli autori più “pericolosi” incontrati lungo questo seducente viaggio esistenziale.
Tant’è che non risulterebbe fuori luogo immaginare un seguito, in grado di illuminare riguardo all’influenza esercitata dall’artista su contemporanei e posteri. Parlando con l’autore emerge come Bacon rappresentasse, negli anni ’80 del secolo scorso, un riferimento estetico imprescindibile per la gioventù punk, post-punk e new wave, in quel periodo di forte trasformazione generazionale in cui l’ambiguità dell’iconografia pop si baloccava tra esistenzialismo ed edonismo, in fuga dalle appartenenze comunitarie “politiche” di massa, verso quel “no future” individualista e certamente nichilista venuto subito dopo il sogno collettivo degli hippy.
Dai “piaceri sconosciuti” dei Joy Division alle atmosfere claustrofobiche dei Cure, l’immaginario culturale s’incrinava irreparabilmente nella seduzione morbosa dell’introspezione, paradossalmente bilanciata in tempo reale dall’ottimistica visione del futuro, dalla genesi salvifica della virtualità, prima catodica e poi digitale. Quale artista migliore dunque per raccontare quella corte di “orfani”, bramosa di alleggerire la nuova estetica dalle pedanterie morali? Bacon quindi artista dello iato, del passaggio sacrificale, della frattura apocalittica, di una “sospensione” temporale che ne caratterizza tuttora lo status di inclassificabile.
Il testo, pregno d’atmosfera novecentesca, ma con argute escursioni nella mitologia antica, ci consegna una serie di spunti apparentemente eclettici, quanto invece – nel profondo, evidentemente riconducibili ad una “visione del mondo”, caratteristica dell’artista irlandese – personalissima ed assolutamente coerente. L’esposizione meticolosa dei riferimenti bibliografici e delle suggestioni poetiche, lungi dall’approccio “divulgativo” che presiede la consueta critica artistica generalista, è perfettamente esposta nei vari passaggi e si manifesta nei capitoli come una spirale dai cerchi concentrici, imbastita dall’autore del libro per scendere in profondità, sempre più giù in una coinvolgente discesa agli inferi, nelle laceranti ossessioni post romantiche del protagonista, laddove la pittura figurativa di sfalda in brandelli di tensione pura, nelle sordide stanze vuote, nella violenza ambigua dell’amore estremo, tra pianti disperati e sardoniche risate, nel non-luogo domestico dove l’animale umano agonizza di piacere.
Con approccio da speleologo Marco Tonelli, grazie ad una scrittura assai lucida, si pone il compito – riuscendoci brillantemente – di collegare filologicamente i tasselli di un mosaico in frantumi, recuperando così il fardello gettato nel baratro, il resoconto letterario ed estetico di una vita dissoluta, il codice volutamente mimetizzato, quando non addirittura deturpato, dal grande pittore stesso. L’oggetto tragico ed affascinante di questa approfondita disanima è “l’armadio dei medicinali” dove Bacon custodiva il farmaco/veleno, il caduceo nascosto con apparente non curanza nella bulimica accumulazione di feticci, nel caotico pantheon delle ossessioni private, dall’alcol al gioco d’azzardo. In fondo questo è un travaso di enigmi dove la teatralità pornografica di una vita avventurosa si scioglie nell’attitudine allo sperpero e al sacrificio, dove il brivido del momento vissuto intensamente si nobilita in vomito e bile riversati sulla tela. Da “Francis Bacon – Le Atmosfere Letterarie” esce l’unico ritratto possibile dell’ultimo vero grande pittore figurativo, un genio dissoluto e beffardo capace come pochi di rendere in pittura la questione più profonda ed inesplicabile che lega l’umanità alla vita.