Pensierino della domenica
Domenica delle Palme dello scorso anno, sul mezzogiorno. Il passeggio cittadino è affollato di famiglie. Molti tengono in mano rami d’ulivo benedetto. Davanti a me camminano un padre sulla quarantina e un bambino sui nove-dieci anni. Rallento il passo per cogliere frammenti della loro conversazione. Dice il bambino: «Perché domenica delle palme?» «Perché quando Gesù è arrivato a Gerusalemme era domenica e la gente lo salutava con rami di palma», risponde il padre. «Ma perché lo salutava con le palme?», insiste il bambino un po’ perplesso. Il padre annaspa e poi trova un paragone: «Ma sì, come fai tu con la bandiera della Juventus la domenica».
Gran slittamento di codici, ma il piccolo non desiste, c’è in lui la tempra di un piccolo razionalista: «Però quelle foglie lì che hanno in mano non sono palme» «No, sono rami di ulivo», constata il padre». «E perché ulivo?», insiste il bimbo abbarbicandosi a un suo assoluto principio aristotelico di non contraddizione. Il padre, fosse sincero, e preoccupato della crescita morale del figlio, non avrebbe che da rispondere: «Figlio, a essere sinceri, non lo so». Si guarda bene dal farlo. Annaspa ancor un po’ e risponde: «Perché lo salutavano con quello che trovavano, rami di palme, rami d’ulivo. A Gerusalemme crescono solo palme e ulivi», dice il padre, come affermando un’ovvia verità che tutti sanno.
Tallono con grande abilità le mie due vittime, perché non voglio perdere una parola di questa epifanica conversazione. Il bimbo, nella terribile età dei «perché», proprio non molla. «Ma se tenevano per lui, perché poi lo hanno ammazzato?». E qui, quel verbo, «tenevano», merita una piccola analisi: il bambino lo usa nel senso del tifo calcistico – tenere per la propria squadra; ha colto l’analogia che il padre gli ha proposto tra palma sventolata e bandiera della Juventus. «Ma a ammazzarlo non son mica stati quelli che tenevano per lui», spiega il padre, «no, son stati gli Ebrei...» e qui purtroppo un ingorgo di folla inghiotte padre e figlio e mi perdo il resto.
Rimango in preda a sgomento e perplessità. Chi saranno gli Ebrei di questa storia sacra rinarrata ai pargoli? Quelli della curva Sud? O quelli della curva Nord? Quelli in campo che vengono salutati da striscioni con su scritto «Rabbini» o «Negri di merda»? Un’alterità assoluta di malvagi votati a umiliare e sconfiggere la propria squadra del cuore? La squadra di Gesù, quella dei buoni, i nostri. Già ho avuto occasione di lamentare che la conoscenza del cristianesimo tra i buoni cattolici italiani è meno di zero. Anche tra i piissimi, se per caso tengono in casa la Bibbia, o i soli Vangeli, quel libro giacerà intonso accanto a Gazzette dello Sport molto ciancicate dall’uso.