Scampi crudi su sassi di lava
Scampi di Sicilia crudi su sassi lavici bollenti e foglie di menta
MA.RI.NA – Olgiate Olona (VA) - Chef Rita Possoni
C’era una volta uno scampo. Abitava gli anfratti marini che circondano le coste siciliane. Grande e rosa, usciva di notte dal suo rifugio per cibarsi di minuscoli invertebrati e piccoli pesci. Quasi volava sui neri (poiché eruttati dalla bocca dell’Etna) sassi del fondale, nascondendosi poi fra il verde delle poche alghe. Un giorno venne pescato e selezionato, insieme a pochi altri, per la cassetta di crostacei più belli. Quella partita preziosa che, come sempre, sarebbe stata acquistata da Pino Possoni per il suo ristorante. Giunto in cucina, lo scampo venne a lungo ammirato per la bellezza, la consistenza, il dolce profumo. Rita, sorella di Pino, si domandò fra sé e sé come preparare nel modo migliore questo regale dono della natura, esaltandolo senza snaturarlo. Crudo? Al vapore? Scottato in padella? Aperto in forno? Ogni possibilità avrebbe avuto vantaggi e svantaggi: ma nessuna la convinceva sino in fondo. Come salvaguardare al contempo la dolcezza della polpa, la cremosa densità degli umori, l’aroma marino del carapace? Rita immaginò quindi di ricreare nel piatto le condizioni naturali di vita dello scampo. I sassi lavici sul fondo. Qualche foglia di menta come alghe. E sopra, adagiato e sgusciato, il crudo principesco scampo. Ma il colpo di genio fu di pensare che, se bollenti, i sassi avrebbero ‘titillato’ il crostaceo, favorendone lo sviluppo dei profumi e ‘sfrigolandone’ gli umori, senza però renderlo fibroso. Un piatto einsteiniano, quindi, che si sviluppa nel rapporto spazio-tempo. In quella manciata di secondi, pari al breve tragitto dalla cucina al tavolo (che deve essere quindi millimetricamente calcolato), durante la quale lo scampo prende il giusto calore: né troppo né troppo poco. Un piatto che si mangia prima col naso. E che quindi si addenta in una girandola di cremose dolcezze e sottili scie marine.
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