Un giorno gli alberi si misero in cammino

Ascoltatemi, signori di Sichem,/e che Dio ascolti voi./Un giorno gli alberi si misero in cammino,/per andare a eleggere un re/che regnasse sopra di loro./Dissero all’ulivo: “regna sopra di noi!”./Rispose loro l’ulivo:/“Dovrò forse rinunciare al mio olio,/col quale si rende onore agli uomini e agli dèi,/per andare ad agitarmi/al di sopra degli altri alberi?”./Allora gli alberi dissero al fico:/“Vieni tu a regnare sopra di noi!”./Rispose loro il fico:/“Dovrò forse rinunciare alla mia dolcezza,/ai miei ottimi frutti/per andarmi ad agitare/al di sopra degli altri alberi?”./Allora gli alberi dissero alla vite:/“Vieni tu a regnare sopra di noi!”./Rispose loro la vite:/“Dovrò forse rinunciare al mio mosto/che dà gioia agli dèi e agli uomini/per andare ad agitarmi/al di sopra degli altri alberi?”./Allora gli alberi, tutti insieme dissero al rovo:/“Vieni tu a regnare sopra di noi!”./Rispose il rovo agli alberi:/“Se avete davvero l’intenzione/di eleggere me vostro sovrano,/venite a ripararvi alla mia ombra./Altrimenti, un fuoco uscirà dal rovo,/e divorerà i cedri del Libano!

Questo passo del libro dei Giudici (9,8-15) della Bibbia, posto a incipit di questo scritto, rappresenta forse uno dei primi schemi narrativi in cui compare un dialogo tra le piante. Racconta la storia degli abitanti di Sichem che, come capo, si erano scelti Abimelech, un uomo ambizioso e crudele. Iotam, suo fratello, li mise in guardia raccontando l’apologo delle piante che, come loro alla ricerca di un sovrano, interpellano l’olivo, il fico e la vite, che però rifiutano. Il rovo, invece, molto meno nobile di loro, accetta. Una vera e propria critica alla selezione di chi governa, che finisce – come ammonisce la storia – a privilegiare  chi è meno degno di questo ruolo. Una storia peraltro segnalata da Sant’Agostino nel Contra mendacium (13,8) e presente anche nella tradizione greca, in una favola di Esopo del tutto simile, ma senza la vite e senza una morale espressa.

Un racconto che esprime soprattutto l’ambizione dell’uomo, mai mutata nel tempo, di dialogare con altre forme di vita, siano queste piante, animali o minerali, e che, alle estreme conseguenze, assume la forma di metamorphoseon, portandolo a tramutarsi in altro. Un’ambizione che ha solcato il tempo, dal primo uomo fino a oggi, e che ha trovato lettera in tanti testi, antichi e moderni, dalla sacra Bibbia alla tradizione greca, fino al codice narrativo moderno. Il fenomeno è di portata così universale da perdersi nell’infanzia del tempo e ritrovarsi, nella sua portata morale, attuale anche nella letteratura di oggi. Ed è su questo solco che le piante, gli alberi, fin dai tempi più remoti, sono stati considerati manifestazioni della divinità, tramite naturale tra il cielo e la terra. Forse è per questo che ancora oggi sentiamo parlare di “mistero” del bosco, luogo sacro nel quale risulta difficile separare l'umano dal divino.

Volendo prendere alcune delle piante citate nel racconto biblico, l’olivo (in copertina: Alberi d'ulivo, Vincent Van Gogh, 1889) il fico, e il rovo, li ritroviamo sovente nella letteratura antica: presenze con carattere, atteggiamenti, morale tipiche degli umani. In una favola di Sintipa il fico è contrapposto proprio all’olivo, che vanta una maggiore nobiltà. Ma sarà proprio la natura più modesta del fico a salvarlo dalla sventura che, invece, capiterà all’olivo: Un fico, dopo avere perso le foglie nella stagione invernale, era deriso per la sua nudità da un vicino olivo, che affermava: “Io, sia in inverno sia in estate, mi ritrovo meravigliosamente ornato di foglie e sono sempre verde; tu, invece, hai una bellezza limitata alla sola estate”. Mentre l’olivo si vantava, all’improvviso un fulmine, per volere divino, scese dal cielo e lo incendiò. Il fico restò completamente indenne. Coloro che si vantano per la ricchezza e per la sorte posso incappare in una grande sventura. 

Ecco che il fico, qui come nel racconto biblico, compare svuotato di ogni suo significato religioso e simbolico e diventa un essere pensante, parlante, sarcastico e cinico, che va incontro, inconsapevolmente – come molti uomini – al suo sfortunato destino. Parla e pensa come noi, niente di più, niente di meno. Così l’olivo, da sempre portatore di valori simbolici molto complessi, emblema di castità, clemenza, equità e misericordia, diventa un soggetto privo di qualsiasi rimando allegorico.

(continua)

 

27-11-2013 | 01:14