Devi farne di strada bimbo...
Da un lato, dietro la cinepresa, il regista che ha illuminato la scena del cinema balcanico; dall'altro lui, el Pibe de oro, stella insuperabile (da ieri lo possiamo dire ancora più forte) del calcio internazionale. Un'accoppiata imperdibile, preziosa da capire. Entrambi trasgressivi, geniali, irregolari, visionari, capaci di accattivarsi l'attenzione del pubblico più imprevedibile.
Kusturica non è il primo regista ad essere stregato dalla storia del genio argentino. Già Marco Risi e Javier Vazquez, rispettivamente con un film ed un documentario, avevano omaggiato Maradona sul grande schermo. Ma Emir Kusturica fa qualcosa di profondamente diverso. Kusturica e Maradona in questo docufilm sono infatti regista e attore che a volte sembrano passarsi la staffetta, protagonisti inquieti in ruoli immediatamente angusti, non appena pensiamo di averceli inquadrati. Recitano e si dirigono insieme, con un'aura eccezionale che li accomuna e una complicità che supera barriere linguistiche e culturali anche solo con brevi occhiate feroci. A volte sembra quasi che il regista ricerchi una mimesi un po' forzata con il grande calciatore, evidentemente soggiogato dalla sua potenza cinematografica. Quando infatti Kusturica arriva ad affermare nel documentario di essere spesso considerato il Maradona del cinema, irrita un po' e insieme fa tenerezza: anche un regista universalmente conosciuto come geniale, non sta dietro alla velocità dell'incantesimo del pibe de oro.
Accompagnati dalle note di Manu Chau attraverso un appassionato e appassionante viaggio fra i luoghi geografici e dell'anima in cui il campione è cresciuto, ha volato ed è caduto, sarà difficile tener fermi i piedi e l'emozione. Indimenticabile la scena in cui Maradona, sfatto, sovrappeso e affranto, intona la canzone autobiografica “La mano de Dios”, in presenza di familiari e amici (video sotto). Canta con gli occhi chiusi, come capita quasi sempre a chi non è abituato ad esibirsi in pubblico (!) e si emoziona forte, diventando automaticamente eroe trasversale, uomo e padre imperfetto eppure amatissimo. Un Maradona inedito con le figlie, che abbraccia quasi materno e alle quali si rivolge come una maschera tragica, struggente.
Maradona è l'Argentina, ma è anche Napoli, città che lo accoglie e lo fagocita, grande madre lasciva, esaltandolo e sconvolgendolo al tempo stesso. Merito indiscusso del regista è ricercare il dettaglio, l'espressione, le parole, che restituiscono la meraviglia del genio senza lasciare spazio a dubbi e a facili snobismi. E poco importa se dobbiamo andare a scovare nella polvere queste scintille, la mano de Dios prende il sopravvento ogni volta che all'improvviso irrompe nelle scene un pallone che sembra fatato, appendice di quel piedino di folgore, capace di scalpitare anche sotto montagne di chili e di guai, e di farci sognare tutti.
(Maradona, Emir Kusturica, 2008)