"E' un'indecenza!" disse...

“Basta è un'indecenza! Ecco dove siamo arrivati a forza di chitarre e tamburelli. Una suora in televisione in prima serata a un concorso canoro di dubbia moralità. Che faccia la suora invece di andare in televisione!”.

Voleva solo divagarsi un po' prima di dire le preghiere e andare a letto. Ma sbottonato il colletto della talare l'antico Monsignore di curia era ancora lì, sprofondato nella sua decrepita poltrona, attonito davanti allo schermo. Non riusciva a muovere un dito, raggelato davanti allo spettacolo inverecondo che gli toccava vedere. Spense e andò a letto.

“Vieni Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce” recitava tutte le mattine in vista della Pentecoste nella cappellina nell'istituto di suore in cui abitava. Ma dalla sera prima un pensiero non gli lasciava tregua: “Quella suora, quella suora in televisione che cantava in quel programma, come diavolo si chiama: Vox Italica o qualcosa di simile. Che scandalo, già ne parlano tutti. E non solo cantava ma ballava, ballava pure!”. Ma si era fatto tardi e bisognava correre in ufficio. Prima un salto al bar per un caffè: quello che gli davano le suore era imbevibile. Sempre col pensiero di quella suora in testa.

L'odore della solita minestrina della cena era ancora nell'aria. L'incontro per i giovani che aveva organizzato era andato semideserto. Nessuno aveva toccato il ciambellone e gli agnellini di carta traforata fatti come ricordino dalle suore erano ancora tutti lì. Stanco, il nostro Monsignore si accasciò in poltrona e accese la televisione. E rieccola quella maledetta suora: “Ancora! E stavolta si è portata dietro anche la superiora che balla insieme al pubblico! E guarda come ballano! Si vede proprio che sono suore, non vanno a tempo!” pensava il nostro, mentre inavvertitamente il suo piede cominciò da solo a seguire il ritmo. “Paiono felici e sembrano divertirsi davvero. Resta comunque uno scempio”.

L'inno di Pentecoste continuava tutta le mattine: “Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni luce dei cuori”. Una noia tremenda recitato così cantilenante dalle sue suorine stonate. “Ci credo che all'incontro di ieri non c'era nessuno” pensò il Monsignore quando un acuto di Suor Maria e un accordo sbagliato di Suor Letizia alla pianola lo fecero sobbalzare. Ora di corsa in ufficio, con quel saporaccio di caffè in bocca. E con il piede che ancora batteva il tempo di quella canzonetta. Così, inavvertitamente.

“Dal Vangelo secondo Matteo” lesse quel giorno il nostro Monsignore dal pulpito. “...e quello che ascoltate all'orecchio, predicatelo sui tetti. Parola del Signore”. Alla parola tetti fece un sobbalzo. “Predicatelo sui tetti, cioè ovunque. Beh in fondo... E' pur sempre vestita in maniera conveniente, ha anche la croce al collo... è simpatica, col viso pulito” pensò tra sé ”Sì, ma un conto sono i tetti, altro discorso la televisione. È sconveniente, il successo può dare alla testa!”. Il pensiero di quella suora che cantava in tv non gli dava pace.

Era cosa rara per il Monsignore prendere i mezzi pubblici ma quel giorno lo fece. Salirono due ragazze, con tanto di piercing e tatuaggi e una maglietta con qualcosa di familiare. Il Monsignore le guardò meglio, senza certo dare nell'occhio, si intende. Era proprio la faccia di quella suora in tv, stampata sulle magliette, sorridente e felice come sempre! “Ma chi l'avrebbe mai detto che due come quelle andassero in giro con la faccia di una suora stampata addosso” pensò e gli venne in mente la faccia di suor Letizia, quella che suonava la pianola: era leggermente strabica, ben pasciuta, anche troppo e con una peluria sulle gote altrimenti detta barba. No, sulle magliette lei non ci poteva di certo andare. E il suo piede, inavvertitamente, riprese a battere il ritmo.

Il Monsignore fu invitato a parlare a un noiosissimo corso di aggiornamento dal tema “Il coraggio cristiano e la testimonianza del Vangelo nel mondo di oggi. Riflessioni sul Concilio Vaticano II”. Doveva affrontare il discorso di san Paolo agli ateniesi e finito il suo intervento si annoiò da morire. Con quel piede che non riusciva a stare fermo: sempre a battere il ritmo. E a pensare a quella benedetta suora in tv. Anche San Paolo, l'apostolo delle genti, era andato a predicare la follia di un Dio ucciso e risorto tra i greci amanti della ragione. Perché allora suor Cristina – aveva ormai imparato anche il suo nome - non poteva andare in televisione a cantare? “È sconveniente, non va bene” ripeté con quel piede che però batteva ancora il ritmo.

“Dona Virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen”. Così finiva l'inno allo Spirito Santo con cui il nostro Monsignore concluse le sue preghiere della sera. “Gioia eterna, magari”. Nel pomeriggio aveva guidato una processione seguita solo da teste bianche quando davanti a un bar pieno di giovani sentì risa e imprecazioni. Per tutta risposta intonò un Padre Nostro in maniera più solenne ma suscitò solo qualche risatina in più. Era sconfortato quella sera, altro che gioia eterna!

Prese il telecomando e accese la televisione. E rieccola suor Cristina alla puntata finale del programma! Il piede cominciò a battere più forte e stavolta perfino le anche dell'anziano Monsignore accennavano a un pudicissimo balletto. Il momento del verdetto: era teso e voleva che vincesse quella suora. E così avvenne. La vincitrice ringraziò e per tutta risposta fece una cosa per lui e per molti impensabile, mai successa a quell'ora, in tv e in prima serata: chiese a tutti di recitare un Padre Nostro. Un momento di imbarazzo, qualche attimo di silenzio, poi lo studio si alzò in piedi. E con loro da casa anche il nostro Monsignore si alzò commosso dalla sua poltrona. E pensò alla processione di quel pomeriggio. Si segnò e riconoscente cominciò a pregare.

 

 

07-06-2014 | 10:06