Ennio che amava Linda
Ennio non riusciva a parlare con Linda sempre in balia di un evento o di un altro.
Linda era di una bellezza perfetta, pareva uscita da certi universi hitchcockiani: il vulcano sotto la neve, bionda fosforica, la pelle diafana avorio polito, la bocca alcolica di rossetto rosso rhum e medievalista coltissima.
Lui si sarebbe dichiarato a lei. Aveva anche comperato un anello. Era sicuro di un sentimento reciprocato, non occorreva altro che dargli corpo e l’anello ne era il suggello d’amore eterno, verso l’infinto e oltre o finché sarebbe durato.
La festa di laurea intanto furoreggiava, prorompeva, tra giri di Prosecco e Franco Battiato, che esplodeva dalle casse.
Avevano organizzato la festa in un piccolo aeroporto, quello era il posto giusto per prendere il volo, tra gli hangars, la musica e le lucciole.
Ed Ennio era stanco di aspettare, le voleva parlare, voleva parlare a Linda. Aveva attraversato la bolgia dei ballerini brilli, aveva preso Linda per mano e l’aveva trascinata fuori da quel casino tra i suoi sbuffi e le sue resistenze.
- Linda io ti devo parlare…
- Mi vuoi dire che cosa c’è?
- Devi solo attendere.
- Se lo dici tu…
Erano arrivati in un luogo in cui il silenzio regnava, Ennio balbettava, tremava, strigeva con forza la scatolina.
- Linda io…
- Ma cosa c’è??
Poi quel balletto, balbettio di parole era stato interrotto dall’arrivo di un bimotore. L’aereo era atterrato e come un’apparizione epifanica, dalla carlinga ne era uscito un uomo.
Linda gli era corsa incontro, avvanghiandosi al pilota poi aveva preso quota, prima però aveva scoccato un ultimo sguardo ad Ennio dicendogli:
- Ma insomma cosa c’è? Cosa mi volevi dire esattamente?
- Beh niente… (Disse Ennio in un sussurro).
Ennio era senza parole, Linda aveva preso il volo ma con un altro pilota.
Lo aveva lasciato lì al buio, molto prima che l’alba sorgesse.