Henry Miller folgorato sulla via per Atene

Henry Miller aveva spesso sognato paesi lontani senza mai visitarli. Il solo grande viaggio che intraprese lo aveva portato da New York a Parigi in cerca di fortuna. Eppure amava immaginare che i suoi vagabondaggi lo avrebbero condotto un giorno, chissà, in Tibet o in Cina.

Nel 1939, mentre viveva nella capitale francese da ormai dieci anni, al pari di molti altri artisti guardava alla situazione politica con sconcerto. Venti di guerra attraversavano l'Europa e quel conflitto sul punto di esplodere gli appariva assurdo e insensato. Decise così di accettare l'offerta dello scrittore e amico Lawrence Durrell che lo invitava a raggiungerlo sull'isola di Corfù. Così il 14 luglio si imbarcò a Marsiglia per un viaggio che sarebbe durato sette mesi, e che affrontò con uno scarsissimo bagaglio di cultura classica. Miller infatti affermava, quasi vantandosene, di non aver mai letto una sola riga di Omero: era dunque come una tabula rasa su cui la Grecia avrebbe riscritto la sua storia da zero.

Quando sbarcò cadde subito vittima del fascino di Corfù: lui, che pensava di non poter vivere lontano da una metropoli, fu conquistato dal sole e dal mare e dalla dolce pigrizia che non sperimentava più da anni. E, a stento, Durrell lo convinse a lasciare l'isola per vedere altri luoghi. Insieme visitarono i siti archeologici più famosi, tuttavia Miller non provò nessuno stupore. Questo atteggiamento atipico segnò i primi mesi del viaggio: in un plateale rovesciamento dell'ammirazione religiosa che i viaggiatori dimostravano di fronte alle antiche rovine, lo scrittore americano affermava audacemente di non essere tanto più interessato all'Acropoli quanto alle case fatiscenti, alla confusione della città.

Più che alla civiltà del passato Miller volgeva lo sguardo alla civiltà del presente, era affascinato dal popolo greco, dalla sua allegria e creatività. Più che l'austera regolarità delle architetture classiche lo affascinavano il disordine, per lui sinonimo di libertà, e la natura. “Le chiese mi interessano molto meno del paesaggio, della luce, delle rocce grigio lavanda” scrisse mentre era in visita a Daphni. E mentre Durrel lo trascinava a vedere i luoghi dove la civiltà aveva visto la luce, Miller cercava disperatamente locali dove ristorarsi e ripararsi dalla terribile calura.

Concluso il giro turistico di rito i due amici tornarono a Corfù per godersi il resto dell'estate, e avrebbero poi trascorso l'inverno nella piccola isola vulcanica di Poros, dove gli echi della guerra giungevano da lontano “...tutto il mondo è coinvolto nel massacro e nello spargimento di sangue. Lo ripeto – non sono triste – lasciate che il mondo abbia il suo bagno di sangue – Io resto aggrappato a Poros”.E proprio qui, dove Miller si sentiva distante e al sicuro dalla carneficina del conflitto, la Grecia si trasfigurò e divenne ai suoi occhi un paradiso in terra, un luogo sospeso dove cercare la cura ai mali che affliggono l'anima nella società moderna, il luogo della luce: “Della luce che abita gli alberi. Trapassa letteralmente le foglie creando un velo verde, vaporoso, un alone di energia...”.

Aveva visitato Atene, Micene, Corinto, Argo e ovunque aveva trovato luoghi immersi nella luce. Quella stessa luce che traspariva dalle persone e le rendeva radiose, aperte al prossimo. In questa terra lo scrittore, cittadino americano, divenne consapevole della povertà spirituale dell'America, ma realizzò anche che fino a quel momento lui stesso era stato cieco: “Avevo camminato bendato, con passi incerti ed esitanti; ero orgoglioso e arrogante, contento di vivere la vita falsa e meschina dell'uomo di città. La luce della Grecia mi ha aperto gli occhi, è entrata nei miei pori, ha fatto crescere tutto il mio essere. Sono tornato a casa”.

La fuga dall'Europa in guerra si era trasformata per Miller in un percorso interiore che gli aveva fatto scoprire un mondo di cui ignorava l'esistenza. Questo “viaggio nella luce” costituì per lo scrittore un'esperienza spirituale incomparabile: l'Americano selvaggio, come egli stesso si era definito, era entrato in contatto con un mondo di bellezza e semplicità di cui ignorava l'esistenza e che gli aveva aperto nuovi orizzonti. Concluso il viaggio Miller capì che in quella terra dove tutto è cominciato e tutto si compie aveva raggiunto il giusto equilibrio tra il mondo dei sensi e quello dello spirito: era nato in Grecia un uomo nuovo, un uomo libero.

 

 

07-04-2015 | 13:42