Il Frankenstein che era in lui
Possiamo parlare di quel geniaccio di Gene Wilder come forse sarebbe piaciuto anche a lui, all’indomani della sua morte.
I coccodrilli li lasciamo ai fiumi di parole che si spenderanno oggi, noi vogliamo ricordarlo con alcuni lampi, che ce lo riporteranno alla mente con quella sua faccia unica, allampanata, irriverente, folle ma anche dolce e drammatica a tratti, laddove uno si addentra quando la nostalgia per un cinema forse irripetibile si farà sentire.
Perché anche lui, come pochi altri mattatori del cinema, si porta via un’intera stagione, senza tempo eppure lontanissima, oggi e ancor più domani. “Abbiamo così tanto tempo e così poco da fare! Fermi, è il contrario….”dice Willy Wonka, nella sua fabbrica di cioccolato.
Così poco tempo e così tanto da raccontare. Ma ci resta il cinema, grazie al cielo, per perdere il senso delle ore e delle parole e trovare quella magia parallela che Gene Wilder conosceva così bene.
Un attore che è stato un uomo pieno di risorse, figlio di immigrati ebrei russi, provetto nella scherma, funambolo della gavetta più spietata e con un grande intuito per le amicizie preziose.
Mel Brooks, però anche Sidney Poiter, Richard Pryor, Neil Simon e molti, illustri altri.
Interprete rivoluzionario ma anche brillante scrittore, fu proprio lui a stendere il canovaccio di Young Frankenstein.
Mel Brooks non era dapprincipio particolarmente entusiasta dell’idea, ma poi si lasciò convincere. E chissà quante volte in cuor suo avrà ringraziato il cielo di averlo fatto.
Con Marty Feldman, Wilder ci ha regalato il duo comico forse più indimenticabile degli ultimi cinquant’anni.
- Non voglio metterti in imbarazzo, ma sono un chirurgo di una certa bravura, potrei forse aiutarti con quella gobba. - Quale gobba?- ... Si va?
Si va, caro Gene. A cercarti nei vecchi dvd se il piccolo schermo ti dimenticherà un po’, fra qualche giorno.
Ululì e ululà, quando avremo voglia di fare battute in cerca di complici allegri e intelligenti, che si vogliono bene all’istante quando insieme dicono che quel film, diamine, è davvero il preferito.
Magari non lo dicono tutti giorni, ma quando stanno bene con qualcuno ci puoi contare. Nascono grandi amicizie davanti alla pellicola che hai tirato fuori da quel cilindro sgangherato che avevi in testa, popolato di folletti travestiti da neuroni… o forse fermi, è il contrario.
Spiace un po’ scrivere pensando che non ci sei, Frederick forse direbbe che è un lavoro schifoso. Schifosamente bello ricordarti stasera, mentre guarda caso infuria una tempesta in un bosco e i lampi cambiano le espressioni dei volti, in base a quanta fantasia è in gioco. Tu vieni allora in soccorso.
- Frederick: Che lavoro schifoso! - Igor: Potrebbe esser peggio. - Frederick: E come?
- Igor: Potrebbe piovere!”
E inizia il diluvio. Che stasera confondiamo con qualche lacrima, mentre immancabilmente, grati, si sorride.