Impudente, truffatore, seducente Casanova
Lussuria. Dal brettone luxur, impudicizia, da cui il latino luxuria. Uno sconsiderato appetito carnale, nonché anche uso smodato di cose deliziose. E dunque lussuria sia. E lussurioso non può che definirsi lui, uno dei più grandi amatori della storia, Giacomo Casanova (1725-1798). Incarna lo spirito innovativo, libertino e libertario del suo secolo. Seduttore e sedotto, dalle donne e dalle incipienti idee illuministiche. Ne sposa il desiderio di rivincita dell’uomo sul caso, e non c’è dubbio che sia costruttore del proprio destino, nella buona e nella cattiva sorte. Difficile, oltre che riduttivo, pensare a Casanova solo come a un impenitente conquistatore.
È uomo di grande cultura, viaggiatore incallito, amante delle lettere, della medicina, delle scienze occulte. Uomo errante che ha errato per mezza Europa e l’ha fatto per gran parte della propria vita, prima di scegliere, ormai non più nel fiore degli anni, il volontario esilio a Dux, in Boemia, dove morirà all’età di settantatré anni. Molti illustri studiosi si sono occupati di lui. Alcuni lo hanno amato e lodato, altri denigrato. Tra i tanti Pompeo Gherardo Molmenti che così ha scritto: “Uomini come Casanova portavano a spasso per il mondo lo spettacolo della vergogna italiana, attestando che la vecchia Italia irrideva, vendeva e prostituiva tutto, gli eroi antichi e i santi nuovi”. Ma c’è chi, invece, lo ha definito una specie di eroe, capace di uscire dalla storia ed entrare nelle moderne mitologie. Nelle lunghe Memorie, Casanova narra le sue avventure ma anche le pene d’amore. Le amanti che ha desiderato di più infatti sono quelle che lo hanno lasciato anzitempo, prima che il suo fuoco interiore avesse esaurito l’ardore.
Angela Calori, per dirne una, bella e nota cantante, conosciuta ad Ancona nel 1745. La donna si faceva chiamare Bellino e viaggiava in abiti maschili. Un amore travolgente e forzatamente breve. Forse proprio per la sua fugacità rimasto impresso nella mente del grande seduttore più di molti altri. Così come quello per Henriette. Si trattava in realtà di Jeanne-Marie d’Albert de Saint-Hippolyte, sposata con un Boyer de Fonscolombe. Tre mesi d’amore intenso e appassionato, prima dell’obbligata separazione, per la quale egli scrive di non essere riuscito a trattenere le lacrime. Primato assai raro considerando le quasi duecento spasimanti che lo stesso Casanova annovera nei suoi scritti. Si è detto di lui anima errante, ha amato trascorrere la sua vita in viaggio, sia per amore di conoscenza che per affezione tutta sua singolare alla ciarlataneria. Ragion per cui vagabondare da una città all’altra gli consentiva di gettar ombra, il più velocemente possibile, sulle malefatte compiute nei suoi precedenti soggiorni. Si è occupato di finanze, di politica, senza disdegnare per brevi periodi anche la carriera ecclesiastica e quella militare, presto abbandonate perché difficilmente conciliabili con la sua totale e assoluta voglia di libertà. “Non avendo mai avuto una meta fissa, il solo sistema al quale io potei ricorrere, se sistema è, fu di lasciarmi andare dome mi spingeva il vento”.
E se veneziano Casanova lo è di nascita, per adozione si sente parigino. Palcoscenico ideale per far fruttare i propri talenti, aperto alla variegata congerie di peripezie nelle quali Casanova ama trascorrere le proprie giornate. “L’impostura e la ciarlataneria possono qui far fortuna meglio che altrove”. Ama tutto di Parigi: il teatro, gli spettacoli, la vita mondana, il lusso, la leggerezza e, ovviamente, le donne. Parigi, come ha scritto Gervaso, fu la sua accademia. Insaziabile, si può dire con Freud che la sua è totalmente libidine, potente e irrefrenabile energia sessuale. Un amante fuori del comune, anche per i suoi “tempi”. Come ha detto di lui Moravia “un mostro di fisicità totale”. Amava tanto e per così tante volte che sfinito – e sfinendo le sue donne – eiaculava sangue, per sommo disgusto delle amanti e orgoglio proprio. Con tale intensità da proporre a una delle sue conquiste, che aveva espresso il desiderio di abortire, di adottare la cura dell’aroph, amplessi da ripetere cinque o sei volte al giorno, per molti giorni. Casanova non disdegna nessuna. Attratto da donne belle, ma anche brutte, giovanissime e non più giovani.
Vive il sesso talvolta come un vezzo, tanto da dar voce e corpo a una rappresentazione pratica delle trentacinque pose amatorie di un altro inguaribile infedele come l’Aretino. “Nella mia lunga carriera di libertino, nel corso della qual la mia invincibile propensione per il bel sesso mi ha fatto usare tutti i mezzi possibili di seduzione, ho fatto girare la testa a qualche centinaio di donne, le cui bellezze si erano impadronite della mia ragione. Ma sempre in ogni occasione, mi sono attenuto scrupolosamente a un principio che non ho mai tradito: non attaccare mai le novizie, quelle in cui i principi morali o pregiudizi sono un ostacolo al successo dell’impresa, se non in compagnia di un’altra donna”. Sintesi di una strategia della seduzione e di una morale utilitaristica cui Casanova si ispirerà per l’intera esistenza. Lo dimostra lo strano e morboso legame con la marchesa d’Urfè, soggiogata dagli impeti del grande amatore non più giovanissima (ha più di settant’anni), ma anche truffata di molti denari. Casanova, infatti, sfrutta la smisurata fede della donna nelle scienze occulte per farle credere che l’avrebbe resa in grado, a seguito di precisi rituali erotici ed esoterici, di partorire un’altra sé di sesso maschile. Una storia che ha dell’incredibile e con la quale il seduttore è riuscito a tenere in piedi una farsa erotico-magica per oltre due anni. La “sublime pazza”, come lui l’ha definita.
Uomo dalla sconfinata impudenza quindi, un truffatore, istrionico e seducente, in grado di interpretare uno, nessuno, centomila ruoli. Non per questo però uomo scevro di sentimentalismi e di una vena romantica che lo rende meno inviso all’occhio critico di un cinico “catalogatore” come don Giovanni per esempio. Creatura piegata dunque al giogo della lussuria che ha spesso architettato piani in vece della sua coscienza e della sua ragione. Perché, per chiuderla con Blackburn, “la lussuria guarda sfuggente, architettando raggiri, stratagemmi, seduzione, cogliendo al volo ogni opportunità… la lussuria è una scia di indumenti nel corridoio, una mischia fra giocatori di rugby. L’amore dura, la lussuria nausea”.