La vera storia del cocktail Negroni

Dove siamo? Dov’eravamo? L’effetto del Negroni cocktail è obnubilante ed ingannatore, la tentazione di un bis rischiosa, vieppiù ora che tutto fluttua senza costrutto nell’ossessione edonista, nel divertimentificio sciabattante degli happy hour. Uno sguardo retrospettivo potrebbe risultare utile a conferire tradizione, bilanciando così l’ebbrezza molesta con il blasone del tempo che fu. Partiamo dunque da Firenze, anni 10 del ‘900, presso la drogheria e profumeria Casoni (poi Giacosa, dal 1932) di fronte al palazzo Rucellai Navone, s’arrabatta dietro al bancone il giovane Fosco Bruno Sabatino Scarselli, barman reduce dalle trincee della prima guerra mondiale. La circolazione degli alcolici conserva ancora quel fascino estetico e sottilmente maledetto da absinthe e folie verte, così parigino, così torinese e milanese poi. Il mondo sta cambiando – invero lo fa di continuo, ma certi dettagli consentono prese d’atto più incisive – le raffinate insegne dei caffè, così come le vesti arabescate dei liquori, sono in procinto di subire un traumatico restyling. L’estetica liberty, consona ad una genia nobiliare al crepuscolo, sta per essere spazzata via dagli squadrati codici dell’avanguardia – si pensi al connubio Depero Campari - l’argine frapposto tra ceti è sul punto di cedere.

Prima che ciò accada, l’eco dei rituali signorili riserva un’ultima straordinaria lezione di stile e genio. Cliente abituale del Caffè Casoni è il conte Camillo Negroni, che con Scarselli instaura un rapporto di complicità, come talvolta accade tra avventore ed oste, giacché l’ebbrezza riserva sovente rischiosa loquacità. Un bel dì il nobiluomo, al solito diretto al privé del Grand Hotel, antepone le incombenze mondane al rito dell’aperitivo. Ordina il solito - italico a dispetto del nome -Americano al fidato barman, ma articolando la consueta richiesta con un’aggiunta che farà storia. Oltre al bitter e al vermouth sfumati seltz, Scarselli obbedisce all’inedita richiesta, miscelando nel bicchiere del conte una terza uguale parte di unsweetened gin londinese, rigorosamente d’importazione. Il rafforzamento alcolico apportato dal gin crea qualcosa di nuovo ed inebriante, il completamento alchemico per paradisi artificiali, un’ambrosia moderna che travalica la semplice evoluzione dell’Americano. Nasce così il Negroni cocktail, che non può tuttavia essere disgiunto dal carisma dell’aristocratico inventore: Camillo Negroni, meno estroso del contemporaneo Guido Keller, può a ragione essere inserito nel club dei dandy; cultore elegante della bella vita, fumatore accanito, avventuroso e viaggiatore, naturalmente signorile ma pure propenso a muovere le mani, confermando in questo l’indole toscana e futurista al parapiglia, alla spavalda fisicità.

Non basterebbero cento hipster per eguagliare l’estro sofisticato dell’aristocratico Camillo, frequentatore di ambienti altolocati ma propenso senza impicci a saziarsi in popolane trattorie, confermando con tale condotta il profilo spiazzante del vero gentiluomo, distinto senza risultare noioso. Oggi, che di quelle superbe figure non resta che qualche camuffamento estetizzante, possiamo contare su altre fortune. Ampia infatti è l’offerta di ingredienti qualitativamente eccellenti, per la miscelazione di un ottimo Negroni cocktail, ben più variegata rispetto agli inizi del secolo scorso. Lo scrivente, propendendo per il classico e quindi aborrendo contaminazioni snaturanti – Negroni sbagliato è da queste parti bestemmia - s’azzarda ad indicare alcune preferenze; il gin: Elephant, Martin Miller’s o, per conferire autarchica coerenza, Sabatini, London dry gin toscano, ideato nella provincia di Arezzo. Il vermouth: Cocchi, Carpano, Del Professore senza indugi. Il bitter: ovviamente Campari, ma volendo esagerare anche Gagliardo, molto intenso e radicale. Per quanto riguarda la scelta del bicchiere, la preferenza va al Tumbler basso, altresì detto old fashioned, liscio e senza decori o serigrafie disturbanti. Completano il cocktail scorza d’arancia, un’idea di limone sulla circonferenza del bicchiere e abbondante ghiaccio in grossi cubi cristallini. Per approfondimenti tecnici e letterari, è consigliata la lettura del libro edito da Giunti, Negroni cocktail, una leggenda italiana.

 

 

 

 

31-05-2016 | 16:15