L'amore ai tempi delle chat
Sebbene possa sembrarlo, il conversatore non è un eccentrico che vive sigillato nei suoi rituali ignaro del mondo: egli è vivo e lotta insieme a noi!
È perciò lecito chiedersi che tecniche adotti nel momento in cui interagisce, come ogni contemporaneo, in chat. Ma stupirà apprendere che non ve ne sono di particolari, se non quelle prevedibilmente ispirate alla sua formazione, che a più riprese abbiamo delineato. Sicuramente però possiamo dirne in viam negationis: il conversatore non fa nessuna delle cose che fanno i protagonisti del programma di Mtv “Catfish”. Tale programma parla di quelle persone che in chat si fingono qualcosa che poi non sono, mentendo e ingannando le persone con cui chattano. Ma chi sono le vittime di questi “catfish”?
Lo show vede di solito degli obesi patologici, semi-analfabeti, di scarso successo sociale e infima collocazione socio-economica alle prese coi sospetti che sviluppano nei riguardi di una persona con cui chattano.
Tendenzialmente le cose vanno così: adescano o vengono adescati da qualcuno on-line, vedono le sue foto (da cui si desume sovente che è avvenente come un dio greco per le donne o una fotomodella per gli uomini) e decidono di continuare l’epistolario, ciò per mesi e mesi, se non anni e anni, dopodiché qualcosa nella loro parvola corteccia prefrontale fa sorgere il sospetto che questa persona in realtà sia solo l’avatar di uno sfigato come loro.
Naturalmente non la pongono in questi termini, dicono invece qualcosa come “voglio capire se è chi dice di essere, se posso essere al sicuro provando questo sentimento”.
Arrivano poi i due conduttori-creatori del programma che, andando giù di spionaggio, riescono a rintracciare il catfish e a farlo uscire allo scoperto. A questo punto, l’obeso deficiente e negletto viene messo faccia a faccia al suo giusto correlativo umano. E qui lo show raggiunge l’acme!
Fiancheggiato dai due conduttori, il raggirato (o la raggirata) si fa portatore di una retorica da quattro soldi che ha per sfondo i più svilenti luoghi comuni dell’anima mid-cult dello sprofondo statunitense: mi hai ingannato, hai ferito i miei sentimenti, non t’importa niente di me.
L’ingannatore (o l'ingannatrice), allora, con rare eccezioni, sfodera una linea di difesa del tenore: sono timido, mi sono finto uno strafico della madonna perché sono insicuro, i miei sentimenti sono sinceri.
Ma qui la dura realtà fa il suo ingresso: tu mi hai ingannato, ti sei finto qualcuno che non sei, non voglio mai più avere rapporti con te.
La cosa è di per sé un tragicomico avanspettacolino in cui si capisce subito che l’obeso fatto giustamente fesso se la prende non perché fatto fesso, ma perché ancora una volta il buffet della vita si è dimostrato avaro con lui, rifilandogli un rifiuto umano come lui anziché un semidio come aveva inopinatamente sperato.
Dopo anni che chatta con una persona che non ha mai visto dal vivo (nemmeno su skype, per intenderci), dopo essersi bevuto ogni scusa possibile per il fatto che quello non volesse farsi vedere, ha continuato a sperare che non fosse un clamoroso fake, che davvero un suo simile socialmente inserito e bello come le stelle lo trovasse desiderabile, senza mai porsi la domanda “cosa trova questa meraviglia nello scarto che sono?”.
Ci vogliono i due compari che tengono lo show a fargli sbattere il muso contro la verità, che non arriva mai a essere esperienza di vita, perché ovviamente di mezzo c’è l’obelisco dell’onestà: non sono io imbecille, è l’altro disonesto.
Senza dubbio perché da un capo all’altro dell’oceano cambia lo spettro della virtù, che si assesta sull’onestà oltre le Colonne d’Ercole e sull’intelligenza al di qua. Ma rimane il fatto che questi gonzi sono l’emblema di quanto il conversatore non farà mai in chat: bersi qualunque balla, perché sa che le parole non servono a esprimere la verità, ma ad abbellire la menzogna che riempie il vuoto.
E laddove sentisse lezzo d’imbroglio, subito invocherebbe il nume tutelare di Joyce sulla sua veglia: “Pensate a qualchealtrapensa d’ingainno, come il teakortairer stette a pensare al caffetano galwegese davantiquando Orops e Aasas erano skulindrenghi e micramacreeosi! Un movimento in avanti, Miles na Bogaleen, e fallo fuori!”.