L'Odissea dell'infedele Ulisse
Un po’ trascurato nel pantheon antico, più apprezzato (almeno secondo le cronache) in alcune cene “eleganti”, Priapo è una divinità che può ispirare simpatia. La sua figura infatti è decisamente comica, oltre che autoironica. La sua qualità più grande? Sta tra le gambe. “Ammetto di non essere bello – dice di se stesso – ma il mio membro è certamente meraviglioso”. E sproporzionato, come garantisce una vasta iconografia al riguardo. Spiega lui stesso in un altro passo: “Un vantaggio enorme vanta il mio pene: che nessuna donna è eccessivamente larga per me”.
Si tratta insomma di un dio di campagna, di seconda serie verrebbe da dire, che presiede ai campi e ai giardini, ed è ben consapevole di non essere bello come Apollo o Mercurio. In lui gli antichi vedono la vitalità, la fecondità e la forza della natura, al netto di ogni pruderie tipica di età successive. Le sue imprese sono narrate in un libretto, i Priapea, in cui tra l’altro c’è una rivisitazione in chiave erotica dell’Odissea, in cui né Ulisse, tentato da Circe, Calipso e Nausicaa, né Penelope brillano per fedeltà. Priapo è anche un dio schietto e non le manda mai a dire.
Ecco una maledizione rivolta ai visitatori che lo snobbano: “Chi passa di qua, provi a comporre versi divertenti in mio onore / altrimenti finisca a passeggiare con emorroidi grandi come fichi fra i poeti più dotti”. E avverte più volte i ladri dell’orto di che cosa li aspetti in caso di furto: pene dolorose. Pene in tutti i sensi…