Perché festeggiamo il Carnevale?
Semel in anno licet insanire, una volta all'anno è permesso impazzire, fare pazzie: così scrive Orazio in uno dei suoi Carmina. L'occasione a Roma era data dai Saturnalia, feste in onore di Saturno che cadevano alla metà di dicembre. Si celebrava il dio della rigenerazione e delle attività agricole, il sovrano della primitiva Età dell'Oro, il padre supremo degli dei ancor prima di Giove.
Ci si propiziava anche Ianus, il dio che presiedeva ogni inizio e, come testimonia il nome del primo mese dell'anno, il principio del nuovo anno.
La sequenza di ritualità alla base dei Saturnalia e di un'altra importante festa greca, le Antesterie, ricorda molto da vicino il nostro Carnevale. Per spiegare i rapporti tra le due antiche festività pagane e il nostro Carnevale non è lecito ricorrere alle categorie di diretta origine e derivazione, ma piuttosto a quelle di somiglianza e identità.
A essere festeggiato durante i Saturnalia era l'inizio del nuovo anno, di un nuovo ciclo astrale, mentre nelle Antesterie, come anche nel nostro Carnevale, l'eminente fine dell'inverno e l'arrivo della primavera, stagione della fertilità e della rigenerazione.
Danze, banchetti luculliani, scompaginamento dei ruoli sociali, maschere, allegra trasgressione: questi tratti, comuni alle Antesterie e ai Saturnalia, sono sopravvissuti nel Carnevale, filtrati attraverso la matrice religiosa cristiana, forte già nell'etimologia del nome della festa.
Plausibile è l'origine da Carnes levare, “togliere le carni” o, ancor più verosimilmente da Carni vale!, “carne addio!”, in riferimento alle ultime abbuffate gastronomiche prima dell’austero periodo di digiuno e morigerazione in preparazione alla Pasqua. Il Martedì Grasso, apice e insieme conclusione della festa, precede il Mercoledì delle Ceneri, che apre la Quaresima.
Il nome Carnevale potrebbe derivare, secondo una seconda ipotesi, dalla locuzione latina Carni levamen, “sollievo alla carne”: durante il Carnevale, i limiti dell’ordine sociale possono essere superati e sovvertiti, una sregolatezza temporanea è concessa alle pulsioni istintive, elementari dei singoli; vige, riconosciuta e accettata dalla collettività, una libertà di travestimento, motteggio, dissacrazione che è un'ideale eredità pagana, la continuazione di due feste annuali che in Grecia e a Roma avevano caratteri molto simili.
Le Antesterie, arcaiche feste in onore di Dioniso, dio del vino e dell'ebbrezza, si celebravano in Grecia tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo. Si toglievano i sigilli alle botti e si beveva il vino nuovo in banchetti inneggianti al dio, che iniziavano al tramonto; si danzava e si tenevano sacrifici. Anche bambini, schiavi e donne, solitamente esclusi dal divino nettare, erano tenuti a bere.
Durante i tre giorni di festa girava, inoltre, per le strade il carro dionisiaco, che trasportava un cittadino in maschera che personificava Dioniso, colui che rigenerava il cosmo e rinverdiva l'anno. I cittadini acclamavano e seguivano il carro, come a festeggiare l'idolo, nel senso etimologico del termine, di Dioniso. Tutt'oggi sono proprio i carri, adornati di personaggi caricaturali, a contraddistinguere le sfilate carnascialesche.
Il nucleo festoso delle Antesterie lo si ritrova nei Saturnalia, la ricorrenza più festosa dell’anno per i Romani. Si festeggiava Saturno ricorrendo alla farsa, al rovesciamento sociale, a un approccio assolutamente svincolato dalla prassi quotidiana. Durante la settimana di festa, che si apriva con un opulento sacrificio al dio nel tempio a lui dedicato nel Foro, gli schiavi si cambiavano d'abito e vestivano come gli uomini liberi, sedevano a tavola con i padroni (alcune fonti raccontano come fossero addirittura i padroni a servire gli schiavi), erano liberi di biasimarli e di esprimere qualsiasi parere senza la minaccia di essere puniti. Si tenevano fastosi banchetti, erano sospese le operazioni militari, chiudevano i tribunali e le scuole, erano permessi il gioco d'azzardo e il gozzovigliare collettivo.
Così la licenziosità e lo sfogo di impulsi di allegria, generalmente repressi nel corso dell'anno dall’ordine sociale e peculiari anche del nostro Carnevale, si intrecciavano saldamente e caratterizzavano pubblicamente due feste pagane, le Antesterie e i Saturnalia, che coniugavano l'osservanza religiosa con frenetici riti di propiziazione e di fertilità.
Dissolutezza e sovvertimento sociale a Roma come in Grecia, ma una volta l'anno. Semel in anno licet insanire.