A Reggio Emilia non c'è il mare
Io mi chiamo Pervinca, Pier Pervica, con la mia compagnia frequento il Doppler bar a Reggio Emilia.
Sta sera è una serata nera: hanno arrestato il Don della coperativa per cui lavorava l’alunno Tirelli, un nostro amico.
È stato definito l’alunno Tirelli perché sembra uscito da un libro di lettura d’antan, ragazzo azzimato e coscenzioso paradigma da libro Cuore.
L’alunno Tirelli viene scambiato per inglese, biondo d’Albione.
L’arresto del religioso non ha scalfito più di tanto il suo aplomb britannico: è a cannoneggiare su un incrociatore di sua maestà la regina. God save the queen. Baboom!
Poi c’è Sybil che è sassofonista, mia sutura per lo spread, balsamo per Standard and Poors. Io e Sybil siamo amici con benefici. Mi riesce a portare ai concerti rock pur odiandolo e nelle peggiori bettole tra marinai che si menano.
Ma a Reggio non c’è il mare, danziamo con Marco Emilio e altre legioni romane.
A Reggio non c’è il mare, nemmeno quello di Ostia lido delle disperazioni di Pasolini.
A Reggio non c’è il mare sì, ce lo dobbiamo inventare. Ci siamo noi però, talmente belli da sembrare opera finzionale nella provincia esagonale, tra punk anacoreti, preti crapuloni e percolazioni mafiose.
Noi siamo un minuetto nell’inferno, una miniatura, una favola da libro di lettura.