The Rumble in the Jungle
Il match più pagato della storia del pugilato viene definito nel 1973 in un lussuoso albergo di Parigi, cinque milioni di dollari a testa ai contendenti versati direttamente da Joseph Mobutu, dittatore dello Zaire in cerca di visibilità. I due contendenti si chiamano George Foreman e Muhammad Alì. Cinque uomini organizzano l’evento: Fred Weymer, ex adepto del partito nazista americano, esiliato dagli Stati Uniti, amministra i conti bancari in Svizzera del dittatore. Collabora con Modunga Bula, un altro operatore finanziario di Mobutu, che vive a Bruxelles. Il Terzo uomo, John Daly, è il presidente di una nota casa produttrice di film, mentre Hank Schwartz è il presidente del la compagnia che provvede alla tecnologia satellitare per la maggior parte degli incontri trasmessi a circuito chiuso in Nord America. Poi c’è Donald King, “Don”, che è uscito due anni e mezzo prima dal carcere dove era rinchiuso per omicidio colposo. Tenta la carriera di manager, finalmente arriva l’occasione della vita. Ha convinto i due rivali a firmare un contratto. Poi, dopo una conferenza stampa che annunciava il grande evento, trovò i finanziamenti necessari. Nasce così l’incontro del secolo, “The Rumble in the Jungle”.
A Kinshasa, in Zaire, nel 1974, George Foreman non lo conosce nessuno, solo al suo arrivo scoprono che anche quell’americano è nero. Vive distaccato in hotel con il suo clan. Lontano dall’Africa degli africani. Si crede invincibile e vive isolato, assolutamente disinteressato al favore e ai problemi della gente. L’Africa è tutta con lo sfidante. Ovunque nelle strade risuona «Alì boma ye, Alì boma ye» Alì uccidilo, Alì uccidilo. Un canto che si solleva dalle baracche accanto al fiume Congo, in tutti i villaggi oppressi dalla dittatura. A Kinshasa tutti sanno chi è Alì. È un eroe, uno che parla senza sosta ed illumina il cuore delle persone. Arriva da sconfitto, battuto da Frazier e Norton. Ma ha tanta esperienza e si sente in ottima forma, con un piano ben preciso in testa che confessa solo ad Angelo Dundee, il fedele allenatore di origine calabrese al suo fianco dal 1960. Decide di accantonare momentaneamente la strategia che lo ha reso grande «Fluttua come una farfalla, pungi come un ape», non si può usare con George. Così ne crea una nuova e inventa il “rope-a-dope”. Questa tattica si materializzò nella mente di Alì quando un amico fotografo gli suggerì di spalmare le corde con una droga unguenta che avrebbe indotto George a diventare statico come in una foto. È una strategia che prevede di far sfogare la veemenza dell’avversario, che si stanchi a forza di picchiare. Inoltre prevede di alzare la propria soglia del dolore. Alì lo fa facendosi sistematicamente colpire in allenamento da Larry Holmes, suo sparring e futuro campione del mondo.
Il 30 ottobre del 1974 nelle prime tre riprese Alì riesce a rispondere ai feroci assalti di George con brevi combinazioni più atte a innervosire che a ferire. Alì provoca verbalmente il campione. Il terzo e il quarto round vedono George sferrare ganci di devastante potenza su un corpo racchiuso e inerme, un mesto preludio al massacro. Ma sulle corde Alì fa sfogare il nemico che inizia a rallentare sempre più. Alì assorbe tutti i fendenti e non sembra scalfito. Durante la quinta e sesta ripresa inizia a reagire con attacchi fulminei messi a segno tra i colpi di George. Nella settima ripresa sbuca all’improvviso e inizia a demolire George con diverse combinazioni. Nell’ottavo Alì da sfogo al suo talento, esce dall’angolo, inizia con una serie di colpi rapidi che aprono a un sinistro terrificante al volto, seguito da un destro potente alla mandibola. Non infierì su George e quando l’arbitro dichiarò l’Out fu nuovamente campione del mondo. Festa grande a Kinshasa. E quelal notte la pioggia scende come a lavare via i mali sofferti, sembra sostenere i sogni e le speranze di chi vive nella paura del vecchio regime, quello fatto di violenza e di nessuna saggezza. Ad incarnare questa immagine, anche suo malgrado, fu proprio George Foreman. Sconfitto dall’uomo che sembra inviato dal cielo per proteggere i deboli dimenticati.