Se l'ex fumatore vi perseguita...
Cena elegante. Interno. Notte.
Il conversatore è stato invitato in quanto figura irrinunciabile di una serata ben architettata. Non si può fare a meno della sua libidinosa elocuzione, dei suoi modi sopraffini, della sua infernale affabilità. Superata senza tema la gimcana di facezie, pettegolezzi, punzecchiatine transferali, il conversatore sa di aver compiuto il suo ufficio come solo un sicario della Triade sa fare, è quindi pronto per fumare una meritata sigaretta senza filtro.
Estrae dalla tasca il portasigarette, ne capa una, se la mette in bocca e comincia a giocherellare con l’accendino. Tutta l’operazione è stata svolta per attirare l’attenzione di una signora il cui lucore incenerirebbe le ali dei disinformati, ingenui serafini. La signora, infatti, ha cominciato a guardare quel gentiluomo che l’ha intrattenuta con tanto brio e wasabi. Nota che sta per fumare, quindi lo previene e gli chiede “Le va di accompagnarmi a fumare?”. Buondio donna, certo che sì!, pensa l’immarcescibile conversatore, che invece dice “Ma certo” con un tono di voce così ovattato e spinoso.
Una volta superata la soglia del balcone, il conversatore s’accorge che lei non ha nessuna sigaretta fra le dita, nemmeno una mini pochette, niente di niente. Qui il conversatore potrebbe anche venir tratto in inganno dal suo innato narcisismo: accidenti, lei non vuole fumare, è uscita apposta per stare con me.
Ciò potrebbe essere vero, oppure potrebbe essere un’altro caso: lei è una ex-fumatrice.
L’ex-fumatore si caratterizza per due dettagli fondamentali: scrocca sigarette come se non ci fosse un domani, se sente odore di fumo risalente anche a una settimana prima diventa idrofobo. Non è detto che queste due circostanze non possano ritrovarsi in un unico ex-fumatore, che in tal caso bisogna chiamare “fumatore bipolare” (sono come gli obesi: mangiano, ingrassano, si deprimono perché ingrassano, mangiano per scacciare la depressione e così via. Il fumatore bipolare fuma, si sente in colpa, parla con la sigaretta appena scroccata e accesa, comincia a sentire il cancro dietro l’angolo, si agita e per stemperare la tensione scrocca un’altra sigaretta. L’espressione circolo vizioso non rende nemmeno l’idea).
Questa indecisione narcisistica dura pochi istanti, finché lei non dice “Posso rubargliene una?”. Lì la frittata è fatta e il conversatore può trarre da subito alcune conclusioni che poi, tendenzialmente, la conversazione gli confermerà: lei è un’indecisa, con scarsa forza di volontà, dunque una frivola signora di buone e gracili idee, di evanescenti letture, di educazione borghese. Difatti, a quel punto, dirà qualcosa del tipo “Non ne porto perché sto cercando di smettere, ma ogni tanto me ne concedo una”, a quel punto se malgrado tutto il conversatore le dà corda l’argomento del fallito disinnesco della dipendenza ricorderà il dialogo di Isabella Ferrari ne La grande bellezza: mi faccio i selfie e li metto su Faccialibro.
Fortunatamente la pausa sigaretta dura il tempo di un sonetto, ma per conservare i suoi galloni il conversatore potrà rifugiarsi in Poliziano e – dando a intendere che allude al vizio del fumo – potrà sussurrare il seguente verso alla donna che tanto rudemente ha spento il suo epico entusiasmo: “Signora” dirà spegnendo la sigaretta “come dice il poeta così dico a lei: dolce disir d’amaro pensier pieno”. E potrà rincasare con la candida (ma non più innocente) soddisfazione di aver mantenuta viva la bellezza di un momento romantico appena intravisto.