Già tutto dimenticato?
E alla fine il percorso mediatico è stato il solito: notizia inaspettata e crudele, sgomento e indignazione pura, indignazione preconfezionata, oblio.
La casistica rientra nella perfetta rappresentazione di quella che possiamo chiamare “bolla mediatica”. L’esempio classico di una campagna per una giusta causa che si ingrandisce così tanto da scoppiare, finendo nel dimenticatoio.
Si sta parlando del famoso hashtag #BringBackOurGirls, lanciato per supportare l’appello mondiale mirato a salvare le quasi trecento studentesse nigeriane rapite dal gruppo terroristico Boko Haram.
Ripercorriamo un attimo la storia per capire come il flusso inarrestabile delle notizie, facilitato dalla presenza sempre più massiccia di canali all news, ha letteralmente fagocitato il caso specifico.
Il fatto nudo e crudo è l’azione di forza realizzata da una cellula di Boko Haram che, il 14 aprile scorso, ha fatto irruzione nell’istituto scolastico di Chinok portando via con sé le ragazze presenti. Colpevoli di essere cristiane e di frequentare una scuola non shariatica, legata cioè ai dettami dell’Islam, sono state fatte sparire in un luogo segreto e qualche video sporadico le ha poi mostrate in abito scuro islamico. Dopo i primi giorni di grande indignazione, che ha unito tutti in modo compatto, la pulsione partecipativa e virale su Twitter ha fatto perdere di vista punti centrali della vicenda. In questo bailamme mediatico si è spesso evitato di contestualizzare l’accaduto. Nella maggior parte dei casi ci si è dimenticati nell’ordine di: spiegare la stretta connessione, che ha rallentato le ricerche nei primi cruciali momenti, tra i terroristi e le forze armate nigeriane in vaste area del Paese; fare chiarezza sul gruppo chiamato Boko Haram, tipico del quadro sociale e politico nigeriano.
Prima di continuare a seguire il percorso della notizia nel flusso informativo un po’ di chiarezza a riguardo è necessaria.
Boko Haram, nel dialetto hausa il corrispettivo di “l’educazione occidentale è peccato”, nasce all’inizio del nuovo millennio come gruppo inizialmente pacifico. Nel contesto nigeriano, una nazione spaccata a metà dove il nord povero e musulmano convive con un sud ricco e cristiano, la radicalizzazione è stata una diretta conseguenza delle politiche del governo. Il momento decisivo in cui il gruppo ha fatto il “salto di qualità” è il 2009 quando il capo carismatico fu prima arrestato e poi ucciso senza alcun reale processo. L’esecuzione plateale ha avuto l’effetto di un fiammifero acceso in una tanica di benzina e dal 2011 le azioni violente di Boko Haram sono all’ordine del giorno.
Detto ciò dalla foto di Michelle Obama in poi la corsa al selfie con la scritta #BringBackOurGirls ha finito per coprire la notizia, trasformando il legittimo appello in una partecipazione autoreferenziale.
Questa indignazione da social network ha prodotto una distorsione a tratti imbarazzante, come nel caso di una foto falsa fatta girare sul web e finita anche sul Corriere della Sera. La ragazza raffigurata con gli occhi sbarrati e una lacrima sulla guancia, perfetta rappresentazione della vicenda, proveniva in realtà dalla Guinea-Bissau, nulla aveva a che vedere con il rapimento. L’errore ha assunto dimensioni grottesche visto che la lacrima è stata aggiunta per far apparire drammatica una situazione che lo è già abbastanza di per sé.
Più innocuo e quasi comico, ma comunque rappresentativo del cortocircuito innescato nell’opinione pubblica, è stato uno sventurato tweet di Beatrice Borromeo. Nella foto con l’immancabile #BringBackOurGirls la giornalista, nella didascalia allegata all’immagine, ha considerato Boko Haram un singolo individuo e non un gruppo terroristico.
E ora passiamo all’oblio. Chi sa qualcosa delle ragazze rapite? Sono state liberate? È ancora florida la produzione fotografica di politici e vip collegata al famoso hashtag? La risposta è che il caso è diventato una notizia da pagina 20 dei grandi quotidiani, i servizi al telegiornale non ci sono più e sul web l’ondata virale si è fermata da tempo. Dove sono le ragazze non lo sa nessuno, potrebbero già essere state vendute o aver varcato i confini della Nigeria. Intanto i giorni scorrono e chissà se qualcuno, oltre la retorica, porterà davvero indietro le ragazze.