I due volti di Alighiero
Per lui un'opera d'arte doveva offrire diverse cose. La prima: la bellezza, a chi la guardava doveva restituire piacere. La seconda: un sentimento, inquietante o piacevole che fosse. La terza, direttamente dalle sue parole: “La terza dimensione, la più nascosta e difficile da spiegare. È come se, scrivendo una parola in nero sul foglio bianco, si riuscisse a far vedere la forma bianca che la scritta nera determina intorno a sé. Qualcosa che normalmente non si afferra. Ecco i tre livelli di un'opera d'arte. E il terzo è raramente raggiunto”.
Sono passati vent'anni dalla morte di Alighiero Boetti, uno dei più originali – e forse illustri – esponenti dell'arte italiana della seconda metà del Novecento. Unico e inimitabile, estroverso e introverso, sciamano e showman, Boetti conteneva in sé il doppio – che è in ognuno – ma lui ne era consapevole, lo mostrava, arrivando addirittura a firmare le sue opere non come Alighiero Boetti ma come “Alighiero e Boetti”. La sua grammatica artistica è stata per un periodo vicina al movimento dell'Arte Povera, per poi staccarsene, come se nessuna definizione potesse inglobarlo (e nessuna escluderlo), e si è proiettata verso i concetti di appunto, sdoppiamento e serialità – nel binomio ripetizione-variazione – superando, quasi abbracciando, la distinzione tra avanguardia e tradizione. Lui andava oltre le definizioni, in un gioco che voleva sì sovvertire le normali regole di comunicazione ma, insieme, sfumare la distinzione tra discipline differenti.
Per conoscere di più il mosaico che componeva la figura, e l'opera, di questo gigante dell'arte può essere utile leggere <Alighiero e Boetti, “shaman-showman”> (Allemandi), un prezioso volume – quasi introvabile, ma mai dire mai – scritto qualche anno fa da Annemarie Sauzeau Boetti, la moglie, la madre dei suoi figli, la compagna di una vita.
Il libro non è una biografia né un testo critico sulla sua opera: è un racconto, una testimonianza privata e un album di immagini. Insomma, questo libro non vi farà conoscere Alighiero Boetti – questo tocca a voi, e se ancora non lo conoscete non è grave, è gravissimo, ma rimediabile – ma vi farà scoprire cose sottaciute, piccoli segreti sul suo genio.
Per fare qualche esempio - ma nel libro sono tanti - capiamo di più sulla famosissima opera “Gemelli”: la foto – fotomontaggio – che ritraeva due Boetti per mano (fig. 1) in cui – scrive l'autrice – “non sono il riflesso narcisistico l'uno dell'altro, ma dissimili e complementari”. “Io sono io, e lui è lui” disse Boetti dopo aver realizzato il fotomontaggio. Uno era Alighiero e l'altro Boetti.
E poi “Shaman-Showman” (fig. 2), che dà il titolo al libro: un altro fotomontaggio in cui Boetti sostituì il proprio volto a quello dell'Adamo Kadmon del Shoar, il libro della genesi del mondo, dei numeri e delle lettere secondo le più remote dottrine esoteriche dell'ebraismo, la Cabala. L'uomo che emerge dalle acque primordiali si riflette tutto intero nell'Oceano della creazione e soffia sul proprio riflesso. Un'immagine che venne usata per il manifesto di una mostra a Milano e che poi sparì, nel nulla, lasciando solo traccia attraverso alcune fotografie dei manifesti.
Come scomparve “Autoritratto in negativo” (fig. 3): questa volta un sasso con l'impronta del volto dell'artista, scavato in negativo, “sindone di pietra”. All'inizio del 1968, in una personale organizzata sempre a Milano, l'opera venne mimetizzata in un vero greto di sassi del Po che coprivano l'intero pavimento della galleria: pochi visitatori la individuarono. Dopodiché, a fine mostra, Boetti offrì al Po quel sasso, quel volto che la corrente, la sabbia e il tempo, scorrendovi sopra, ne avrebbero modificato le fattezze. “Qualche pescatore forse l'avrebbe intravisto tra i riflessi dell'acqua come la faccia di Dio” ricorda Annemarie. Così come ricorda la spedizione notturna sotto a un ponte di Rho per restituirla al grande fiume.
Doppio, e ancora doppio, sempre, un po' showman – mostre, autografi, viaggi – e un po' sciamano – tra monaci, stregoni, ribelli. Alighiero e Boetti, appunto.