Il Babà a tripla lievitazione
Il Babà a tripla lievitazione
I Portici - Bologna – Chef Agostino Iacobucci
La parola “triplo” non mi è mai piaciuta. Dal triplo salto mortale al Triple Sec mi è sempre parsa un’etichetta furbetta, mirata a enfatizzare gratis l’oggetto cui è applicata, e a tirar via, in fondo, celandosi dietro il cosiddetto numero perfetto (fateci caso, ogni politico, ogni predicatore televisivo sondato su qualsiasi cosa ha sempre “tre” ricette; “tre” priorità; “tre” soluzioni: mai quattro? mai sei? ma davvero davvero?). Così, quando mi sono imbattuto nel Babà a Tripla Lievitazione (sottotitolo: il più buono del mondo), core ‘e Napule migrato a Bologna al seguito del suo autore, Agostino Iacobucci, chef reggitore della cucina de “I Portici”, fine e rampante tavola del centro città, è subito partito il sospetto. E invece… Il rovescio del pregiudizio è scoprire che dietro una formula fatta e infida esiste e trionfa la necessità. Quella “tripla lievitazione” (la prima dell’impasto in planetaria di farina manitoba, zucchero, lievito madre e parte delle uova; la seconda, di 90 minuti, dopo aggiunta, una alla volta, di altre uova; la terza, uniti anche sale, il burro e le uova restanti, già negli stampi imburrati per far alzare il bordo) serve a fare un Babà che è… il ritratto verace di chi lo fa. Appena scabro, di stoffa tesa, elastico (quasi riottoso) all’esterno; di raso (ma resistente, non mollaccione) nell’interno ariosamente trabecolato; e alla fine morbido e generoso (proprio come il cuore dello chef, appunto) nella transizione ultima al palato. E di un dolce azzeccato, intrigante proprio perché misurato, grazie a una bagna avvolgente ma zero stucchevole. Il migliore del mondo… Boh? Chi può sapere cosa stanno facendo - ora, ma proprio ora - alla periferia di Adelaide o a Saigon? Ma qui in giro, in Italia, sì. Parola di chi scrive. Anzi: tripla parola…
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