Il colore della pelle
Analizzare la condizione umana è sempre stato l'orizzonte di Oliviero Toscani. Un artista che è a tal punto identificato con le sue fotografie che si ha ormai il diritto di dire, di una foto con determinate caratteristiche, di essere alla Toscani. Esattamente, anche se i due sono molto distanti, come lo si dice di Henri Cartier-Bresson con i suoi "istanti involontari".
Creativo e sovversivo, allergico alle regole, grande trampoliere della provocazione - "un'opera d'arte che non provoca reazione non è tale" - ha misurato il mondo palmo a palmo, facce e storie, paesaggi e sensazioni, con la sua Leica, indolentemente appesa all'estremita del braccio destro, non si è mai soffermato nel calcolo delle convenienze o delle cose "giuste" da fare. Guardando la sua opera sembra di sentire le parole di Michel Foucault, quando parlava dell'uomo, dell'artista, che talvolta "non giunge al cuore di se stesso, ma al margine di ciò che lo limita: in quella regione in cui si aggira la morte e si spegne il pensiero".
Il più alto ruolo dell'arte, per dirla alla Jean Clair, è sempre stato nominare gli individui e le cose, chiamarli col loro nome, "chiamarli esattamente parola a parola, così come si dice faccia a faccia". E questo Oliviero Toscani lo ha fatto e lo fa: malattia, nero, bianco, asino, morte vita, fede, razzismo, violenza, pace, sesso, paura sono state parole dei suoi scatti. E quando un'immagine dice molto di più di tante parole allora si è nell'arte. Anche parlando di tatuaggi.
Luca Sommi
(si ringrazia il consorzio vera pelle conciata al vegetale)