L'abito su misura per la lasagna

L’abito non fa il monaco – Metamorfosi di un raviolo a ragù

Antica Osteria della Peppina – Alseno (PC) – Chef Jacopo Malpeli

A Gualtiero Marchesi dobbiamo, oltre a millanta concept culinari, la liberazione del raviolo in un’operazione di destrutturazione (in primis linguistica) degna di quella che ha svolto Giorgio Armani nella moda. Ora in un mondo diventato più fluido si tratta di cercare stilemi destinati a ricompattare forme e contenuti per non perdere pezzi per la strada seguendo destinazioni sempre più liquide e indefinite. Ecco quindi che prende l’idea di una lasagna che ha la cintura contenitiva non più nella teglia o nella pirofila, ma nel suo abito stesso che poi altro non è che il suo habitat naturale: la pasta. Un piatto, questo, per antonomasia a “geometria fissa”: un boccone che, al di là di come lo assumi, ha caratteristiche pressoché identiche al precedente (se togliamo le bruciacchiature esterne che rendono il barocco della lasagna ancor più barocco). Qui in una sorta di sartorialità britannica l’aspetto è più “contenitivo” ma al contempo apre nuove prospettive all’assaggio dacché l’apertura del “Pirellone” di ravioli (gialli e verdi come la classica “Paglia e Fieno”) riserva sorprese nella meccanica dei flussi. In questo caso composti da un ragù di pasta di salame e da una besciamella fluida e sensuale. E per dare profumo - e conseguenti rimandi alla lasagna che fu - il finissage finale composto da un po’ di pane polverizzato bruciato dalla fiamma  del cannello ossidrico.

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18-05-2015 | 10:16