L'ambizione tutta piemontese
Agnolotti ripieni di vitello ed erbe aromatiche
I Due Buoi – Alessandria (AL) - Chef Andrea Ribaldone
“Avete ascoltato e avete veduto/ ciò ch’è abituale, ciò che succede ogni giorno./ Ma noi vi preghiamo: se pur sia consueto, trovatelo strano!/ Inspiegabile, pur se normale!” Sono così, come li avrebbe voluti Bertolt Brecht, gli agnolotti di Andrea Ribaldone: consueti ma strani, inspiegabili seppure normali. Magia di un semplice cambio di temperatura, visto che la ricetta è assolutamente invariata, secondo la tendenza oggi in auge a non alterare le formule tradizionali, sottoposte per decenni all’accanimento capriccioso delle rivisitazioni. Quindi una sfoglia tutta tuorli, come piace in Piemonte, e il ripieno di sempre, secondo la ricetta di zia Tilde, tipica di Lu Monferrato: contiene manzo piemontese e coniglio brasati separatamente al vino bianco, poi frullati con riso bollito quale ammorbidente e salame cotto, erbette varie fra cui l’erba di San Pietro o costo, dal gusto leggermente balsamico ma amaro. Nelle case vengono mangiati con sugo di brasato, burro e salvia, annegati nel Barbera oppure al fazzoletto, cioè sconditi. Ai Due Buoi risultano però stranissimi, anzi inspiegabili dato che la loro percezione cambia completamente. L’ispirazione è orientale: “Lavorando in Giappone, presso Eataly a Tokyo, molto spesso andavo a mangiare con i ragazzi giapponesi gli spaghetti di grano saraceno, o soba, che tradizionalmente vengono serviti anche sul ghiaccio, d’estate e d’inverno, con condimenti a piacere e a parte. Mi sono accorto che a freddo la forza del grano saraceno risaltava molto di più, e anche la testura croccante; così ho pensato di servire nello stesso modo gli agnolotti. Ho solo aggiunto qualche foglia di verza sui contenitori originali in giunco, per ragioni estetiche, e d’inverno ho affiancato loro una tazza di brodo bollente, in modo che l’ospite potesse eventualmente tuffare gli agnolotti per scaldarli oppure bere il liquido creando uno choc termico. Per me, il ricordo degli agnolotti crudi che rubavo da bambino, forti e callosi”. Ma anche un’interpretazione fusion della puristica versione al fazzoletto, dove la foglia di cavolo (in inverno presente anche nel ripieno) finisce per estrarre piacevoli note ittiche che riportano al Giappone e alle sue alghe.
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