Nel suo cuore troppo d'assoluto
Trovo nel bell’epistolario di Arturo Toscanini, curato da Harvey Sachs – Nel mio cuore troppo d’assoluto, Garzanti –, libro più che necessario al momento: un’iniezione di coraggio morale e franchezza – questa lettera spedita dal Maestro, nel settembre del 1926, al Corriere della Sera: «Spettabile Amministrazione, Il sottoscritto prega codesta Amm. di sospendergli d’ora innanzi l’invio del Corriere per la semplice ragione che il giornale dei più che milionari fratelli Crespi gli fa oramai più schifo di quello del non meno milionario Senatore Borletti. Ringraziandovi. Arturo Toscanini, Maestro di Musica accordato sempre all’istesso diapason».
Dalle recensioni che ho letto, vedo che l’attenzione è caduta soprattutto sulle imprese amatorie del grande direttore – veramente notevoli, e da suscitare qualche invidia in molti. Ma dovrebbe essere ormai chiaro che persone molto attive e con una forte vita interiore hanno anche una vita erotica assai vivace. Racconta Sarah Bernhardt che durante le sedute di posa per il proprio ritratto che le andava facendo il grande Auguste Rodin, già ultraottantenne, ogni tanto il grande vecchione si assentava per qualche tempo dietro una tenda. Incuriosita, approffitando di un’assenza di Rodin, sollevò quella tenda: c’era un ottomana, e sull’ottomana una giovane modella che, paziente, si prestava a placare gli ardori del grande artista. Le sveltine di Toscanini in camerino prima dei concerti vanno viste in questa luce: un trabocco d’assoluto che di tanto in tanto ha bisogno d’essere placato: «Muoio di passione voluttuosa», è capace di scrivere a un’amata.
Poche recensioni hanno però sottolineato quel che entusiasma me in questo libro. Il 13 settembre 1943 la rivista Life pubblica un lungo articolo di Arturo Toscanini col titolo Appello al Popolo d’America. Le ricerche di Harvey Sachs hanno dimostrato che l’articolo era in precedenza un’accorata lettera privata di Toscanini a Roosevelt. Ne cito alcune righe: «Chiediamo agli Alleati di consentire ai nostri volontari di combattere contro gli odiati nazisti sotto la bandiera italiana e in condizioni sostanzialmente simili a quelle dei Free French». Solo in questo modo noi italiani possiamo concepire la resa incondizionata delle nostre forze armate senza ledere il nostro senso dell’onore. [...] Non dimenticate che noi italiani siamo stati i primi a sopportare l’oppressione di una banda tirannica di criminali sostenuta da quel pusillanime e degenerato Re d’Italia. Un infinito numero di uomini e donne in Italia versarono sangue, affrontarono la prigione e la morte, battendosi ferocemente contro quell’orda di criminali, sopportando anche l’ apatia e l’indifferenza del mondo allora in grande ammirazione di Mussolini».
M’ha suggerito due strategie di sopravvivenza, mentre ch’el danno e la vergogna dura. 1) Non frequentare in nessun modo mezzi di comunicazione asserviti; 2) Una rivisitazione approfondita della storia italiana. Ve le propongo.