Qui vince ancora falce e martello
Scomparso, dissolto, svanito come cera al sole. O almeno così sembra. Il più illustre assente di queste elezioni europee: il comunismo. Per la prima volta dal 1946 infatti, la falce e il martello erano assenti dalle schede elettorali, nessun partito si è presentato con il glorioso simbolo, nessuno si fregia più del nome comunista.
Dove sono finiti? Dopo un’attenta ricerca nei più sperduti lembi dell’Europa reduce dal voto, finalmente rieccoli all’orizzonte, i comunisti.
Bisogna fare un po’ di strada ma ne vale la pena. Poco più di 250 chilometri quadrati nel mezzo dell’Egeo sono popolati stabilmente da circa 8000 persone, tutte fieramente comuniste. Abitano l’isola di Ikaria e tutti fin dalla nascita si professano comunisti tanto che il KKE, il partito comunista greco, raggiunge percentuali bulgare, sempre. Ma non ci si aspetti di trovare bandiere rosse o statue di Marx e Lenin. Qui il comunismo è vissuto quotidianamente in maniera discreta, coerente ma molto concreta nell’ottica di un socialismo reale.
Pochi per esempio i bar e i ristoranti gestiti dai privati: non servono. Il comune infatti tutte le settimane organizza a proprie spese una festa per tutti i cittadini: con dieci euro si mangia, si beve e si balla fino all’alba. Se avanza qualche soldo, si riutilizza per la festa della settimana successiva. Difficile trovare da bere Coca Cola, Fanta o tè freddo; gli isolani preferiscono una bevanda gassata al gusto di limone o arancio, autoprodotta nell’isola e impossibile a trovarsi altrove: si chiama con poca fantasia semplicemente Ikaria. È raro ottenere nei pochi negozi uno scontrino: “Niente tasse al governo centrale di Atene” sostengono gli isolani “le tasse le paghiamo solo al municipio così sappiamo dove vanno a finire i nostri soldi”.
La polizia praticamente non esiste, sostituita solo dalla Polizia portuale: otto agenti, una sola motovedetta per tutta l’isola grande - per intenderci - quanto l’isola d’Elba. In compenso però, due militari finlandesi pattugliano l’isola con un gommone superveloce alla ricerca di eventuali clandestini. Sono stati spediti qui dal Frontex, il programma europeo di pattugliamento delle coste, ma hanno tutta l’aria di godersi una vacanza pagata ai tropici. E a proposito di Europa, per le strade non si vedono manifesti elettorali per le elezioni europee: la cosa sembra semplicemente non interessare nonostante gli 11 milioni di euro piovuti da Bruxelles per il rifacimento delle strade, ferme agli anni cinquanta. Ma la politica è comunque parte integrante della vita dell’isola. Capita di imbattersi in nuvoli di persone intente ad ascoltare un comizio – comunista si intende – sui problemi e la situazione della comunità: alcuni prendono la parola, i più ascoltano soddisfatti annuendo religiosamente. E a proposito di religione: ad Ikaria non si vedono le piccole chiesette bianche con la cupola azzurra di cui sono disseminate tutte le isole greche, come è raro – molto raro – vedere immaginette sacre appese alle pareti delle case. Sembra che l’argomento non scaldi gli animi più di tanto. Animi che comunque vivono benissimo e molto a lungo: Ikaria è uno dei cinque posti al mondo con il più alto tasso di centenari, dove il cancro colpisce il 20% in meno, le malattie cardiache sono dimezzate e la demenza senile non esiste.
“Il mio intento come quello di molti isolani è quello di essere più autosufficiente possibile e di non esistere per lo Stato” Zakarias vive qui da quando è nato sesto di sette figli. “Questa terra l’ho occupata senza chiedere niente a nessuno – dice orgoglioso mostrando quasi 4 ettari di terreno lussureggiante con galline, capre e ogni tipo di pianta aromatica legale e non - Atene ci ha abbandonato da sempre ma meglio così, non sappiamo che farci”. L’ultima volta che ha avuto a che fare con questioni legali è stato mesi fa quando dalla terraferma è arrivata la richiesta di pagare il bollo dell’auto: per tutta risposta ha venduto la sua vecchia Ford e si è comprato una mula. “Non ci pago l’assicurazione, mi da il latte tutti i giorni e camperà per almeno 30 anni. Sicuramente meglio di un’auto”.
Eccolo lo scoglio rosso, come la chiamano sprezzanti i Greci quando sotto il regime dei colonnelli relegavano ad Ikaria migliaia di dissidenti al regime sbarcandoli qui e dimenticandosi di loro. Un’isola che sembra avere l’ideologia nel sangue senza però sbandierarla ai quatto venti ma che ha fatto nascere la parola stessa comunismo. Etienne Cabet, un agitatore carbonaro nel 1840 pubblica Viaggio in Icaria paese immaginario dove si sarebbe dovuta sviluppare la prima società socialistico-comunistica da contrapporsi al sistema capitalistico. Un mito, un sogno, che lo stesso Cabet, per la prima volta chiama comunismo in un libretto quasi sconosciuto pubblicato nel 1845 intitolato Perché io sono comunista, e il mio credo comunista.
Un sogno che sembra prendere forma ma discretamente; un mito, quello comunista, che ad Ikaria esiste davvero, reale ma sommesso. Hanno volato basso, forse, gli ikarioti e hanno imparato la lezione che ad avvicinarsi troppo al sol dell’avvenire, si finisce col cadere. Come Icaro a cui volando troppo alto si sciolsero le ali e precipitò proprio qui, nel mare davanti ad Ikaria.