Sapere di non sapere?

In questa rubrica si è parlato dell’Uomo massa, magistralmente ritratto dall’intellettuale spagnolo Ortega y Gasset nel testo "La rebelión de las masas".

Una delle caratteristiche maggiormente sottolineate dal filosofo è che l’uomo massa “si crede in possesso di opinioni su tutto lo scibile umano, rifiuta il dialogo e non avverte le lacune acritiche dei suoi giudizi”.

Un’estate densa di avvenimenti porta ad attualizzare questa riflessione, partendo dalle fondamenta del pensiero socratico.

Il filosofo ateniese con la formula “sapere di non sapere”, riportata nell’Apologia di Socrate di Platone, spiega che la consapevolezza della nostra ignoranza è il principio di ogni saggezza. Un uomo cosciente dell’inevitabile ignoranza che lo circonda ha maggiori possibilità di realizzare i propri scopi, parte da una posizione di vantaggio.

Questa semplice constatazione – è chiaro che non possiamo sapere tutto – non è affatto scontata e specialmente sui social network lo scrivere con cognizione di causa è merce rara. Avere un’opinione diventa una necessità vitale alla stregua di quella ricetta medica per l’ansiolitico più potente, tanto attesa ogni mese. Ultimamente, specialmente su Twitter e Facebook, non basta più avere un’opinione. La propria logica, parziale e spesso lacunosa dal punto di vista storico ed antropologico, viene presentata come compiuta e perfetta. Qualsiasi situazione diventa utile, sfruttando l’accessibilità totale alle informazioni, per esprimere la propria Verità. C’è chi ha “il cuore dalla parte giusta” e conosce perfettamente i meccanismi della deflazione, chi discetta con nonchalance di guerra irachena e di politica interna proponendo arditi collegamenti. Le rivolte di Ferguson in Missouri diventano assimilabili alla morte del povero Federico Aldrovandi, la politica estera non è mai stata così chiara come lo è ora e tutto viene ricondotto ad un unico disegno. Ovviamente il disegno è perfettamente tratteggiato da questi autorevoli tuttologi che aiutano il povero ingenuo ad unire i puntini, come una nonna aiuta il nipotino a completare il gioco nella settimana enigmistica.

Da dove deriva questo atteggiamento che non lascia posto alla revisione delle proprie idee neanche davanti all’evidenza?

Le radici si trovano in quell’intellettualismo che vede la ragione umana come qualcosa di superiore ed estraneo alla natura, la conoscenza sarebbe così indipendente dall’esperienza.

D’altra parte il progresso scientifico ha rafforzato questo “sentirsi al di sopra” e l’idea che la nostra conoscenza sia in costante aumento è più forte che mai. La crescita della civiltà e l’annullamento dell’ignoranza non vanno di pari passo proprio perché molte conoscenze nascono casualmente da interazioni umane spontanee, impossibili da organizzare sistematicamente.

Il filosofo britannico Herbert Spencer non a caso spiega che: “In materia di scienza, quanto più sappiamo tanto più estesamente veniamo a contatto con l’ignoranza”.

La maggiore complessità che ci troviamo di fronte crea nuovi ostacoli e questa naturale incompetenza diventa umiliante per gli orgogliosi che continueranno a professare la propria ristretta visione. L’amplificarsi delle possibilità di comunicare, uno dei tanti fattori della complessità crescente, rende difficilissimo concepire le eventuali combinazioni di conoscenza. La ragione ed il progresso si basano anche sulla libertà di sostenere la propria opinione in qualsiasi situazione, l’imprevedibilità gioca poi l’altro ruolo principale nella scoperta delle più appropriate regole di vita. Essere consapevoli che non possediamo la verità ma cerchiamo continui adattamenti ai nuovi problemi garantirebbe lo sviluppo di un eventuale dialogo.

Se prima ci si trovava di fronte al razionalista che cercava di riportare tutto rigorosamente sotto il controllo della Ragione umana, oggi veniamo rinchiusi nel recinto dell’infallibile Opinione personale. La serie di prove contrarie non ha più alcun effetto e sicuramente l’opinionista onnisciente avrebbe saputo agire meglio di chiunque altro di fronte all’orsa Daniza o alle prese con la riforma della giustizia.

Dall’epidemia di opinioni ci si può salvare solo con gli anticorpi della consapevolezza sopra descritta. In caso contrario l’ingresso nei vari recinti delle certezze è libero, iniziando magari con una banale critica alla demoniaca “società dei consumi”. 

 

 

14-09-2014 | 23:18