Se l'uomo smette di pensare

"L'uomo medio possiede delle 'idee', però manca della funzione di pensare".

José Ortega y Gasset (nella foto), intellettuale spagnolo definito da Albert Camus il più grande scrittore europeo dopo Nietzsche, scriveva queste parole nel suo "La rebelión de las masas". Era il 1930 e in Europa stavano prendendo forma i tormenti morali che hanno disorientato le nazioni, portandole alla Seconda guerra mondiale.

In un quadro sociopolitico dalle tinte sempre più fosche il filosofo ci ha offerto una descrizione dell’uomo massa molto precisa. La sua teorizzazione ha fornito le basi ai primi studi sulla "società di massa" e in molti, da Hannah Arendt a Herbert Marcuse, si sono riferiti alle tesi di Ortega y Gasset.

L'uomo massa è essenzialmente un Naturemensch, ovvero crede che la cultura in cui vive sia un dono della natura. Nella scienza e nel progresso scorge una produzione naturale e non un cammino tortuoso fatto di scoperte di uomini eccezionali. Non riconoscendo i risultati individuali si intrappola nella struttura dell’ermetismo dell’anima, tratto fondamentale del suo vivere nel mondo.

Ascoltando le parole di Johann Wolfgang von Goethe, "vivere a proprio gusto è da plebeo; l'animo nobile aspira a un ordine e alla legge", si può caratterizzare per contrapposizione l’uomo massa.

Egli, al contrario del nobile che esige molto e si obbliga ad una vita coraggiosa, è quell’uomo trasversale alle classi sociali che non valuta se stesso secondo criteri speciali.

Rinchiuso nel suo ermetismo pretende di avere idee certe su ciò che avviene nella società, vuole imporre la legge del luogo comune e spazza via la singolarità, la diversità e tutto ciò che è qualificato e selezionato. Nel credersi in possesso di opinioni su tutto lo scibile umano rifiuta il dialogo e non avverte le lacune acritiche dei suoi giudizi, la sua pretesa totalitaria abolisce i compromessi tipici della convivenza umana. L’imposizione di questo stile di comportamento rende volgare la discussione affermando il diritto di possedere un’opinione, senza però compiere lo sforzo per formarsela.

Proprio in questo opinare, senza accettare le condizioni del pensare, sta l’avere un repertorio d’idee che imprigiona l’uomo massa.

Ortega y Gasset paragona queste idee ad "appetiti rivestiti di parole". L’idea è un limite posto alla verità e sopprimere ogni norma per raggiungere ciò che si desidera annulla semplicemente la cultura. Una sorta di "legalità civile" scompare quando nella disputa intellettuale non c’è un profondo rispetto per le posizioni antitetiche alle proprie.

L’ermetismo dell’anima si collega strettamente all’azione diretta in ambito politico e sociale, il più delle volte producendo un atteggiamento anti-qualcosa. Nella vita pubblica questa reazione si traduce in un vacuo “no” che tuttavia non propone nessun contenuto positivo in grado di superare il passato.

Il carattere prettamente illusorio di questo discredito totale trova nuova linfa nei periodi di sfiducia generalizzata dove l’uomo medio, sopra descritto, rivolge alle élites i suoi strali. Dando per certa la morte di varie istituzioni, l’uomo massa si affida ai tanti semplificatori che propongono la salvezza attraverso la rivoluzione o il rafforzamento dei caratteri identitari nazionali.

In pratica i risultati visibili di questo ermetismo dell’anima sono il vivere di ciò che si nega e l’odio totale verso chiunque non la pensi allo stesso modo. Da questi presupposti si sviluppano un’assolutizzazione del desiderio e un disinteresse totale verso la cultura e la memoria storica.

L’allarme lanciato dall’intellettuale spagnolo tra le due guerre mondiali, seppur con le dovute proporzioni, è ancora valido. Una civiltà che non cura adeguatamente la cultura è sempre a rischio. Basta farsi un giro, simile a un martirio, nelle nuove arene digitali Twitter e Facebook per constatare una radicalizzazione della sintomatologia sopra proposta. L’uomo massa è vivo e vegeto. 

 

19-05-2014 | 00:36