Un'artista di sogni e disegni

Drawing / The bottom line può tradursi con “Disegnare / Il punto di partenza” ed è il titolo della bella mostra presentata dallo S.M.A.K. di Gand, in Belgio, fino al 31 gennaio prossimo. Cinquantatré artisti provenienti da ogni parte del mondo sono stati invitati da Martin Germann, curatore dell’esposizione, allo scopo di mettere in luce la presenza e l’importanza del disegno nell’arte contemporanea. Dagli schizzi progettuali alle opere compiute di vaste dimensioni, dal disegno come performance alle realizzazioni cinematografiche basate su carta e matita. E numerosi sono i nomi dei prescelti che godono di grande notorietà internazionale, come Francis Alÿs, Ellen Gallagher, Roni Horn, Paul McCarthy, Matt Mullican, Jim Shaw e molti ancora.

Ma, nel mezzo di un insieme così ben assortito e di eccellente qualità, alcune opere svettano su tutte le altre grazie alla loro originalità, alla particolare forza comunicativa e, soprattutto, al fascino misterioso che da esse emana, misto di esotismo, sapiente ingenuità ed intensa energia spirituale. Si tratta dei lavori di Sandra Vȧsquez de la Horra.  

Cilena, nata a Viña del Mar nel 1967, de la Horra si è trasferita in Europa alla metà degli anni ’90 per diplomarsi all’Accademia di Düsseldorf, dove è stata allieva di Jannis Kounellis, prima, e Rosemarie Trockel, in seguito. Da allora vive e lavora a Berlino, ma la sua opera resta profondamente intrisa della cultura e dell’iconografia portate con sé dalla terra d’origine.

Il suo è un universo complesso fatto di visioni, sogni e illuminazioni. Figure di una mitologia pagana e immagini devozionali, fantasmi infantili ed incubi grotteschi, sensualità incandescente e trasporto mistico, tratti caricaturali e sfumature delicate. E, senza dubbio, quella del disegno si è imposta a lei come la scelta del mezzo espressivo che rendesse più breve la distanza tra il pensiero e la realtà, tra il cervello e l’occhio, conferendo ad ogni immagine la potenza dell’immediatezza ed un istantaneo sentimento di autenticità. Come se sui fogli diversi, spesso trovati nei mercati delle pulci o staccati da vecchi libri contabili, dovesse riversarsi con urgenza e sincerità un’orda di persone e personaggi troppo accalcati nella mente per continuare ad occupare solo il territorio immateriale dell’immaginazione.

In effetti, la quasi totalità dei disegni di Sandra de la Horra ritrae figure umane, o quantomeno antropomorfe, che provengono dal profondo di una memoria giovanile e latinoamericana, abitata dai miti Yoruba e dai santi della Chiesa cattolica, dal culto dei morti e dalle leggende popolari delle Ande, dal sudore delle ballerine di flamenco e dalle ombre minacciose dei gerarchi di un potere in orbace, dai turbamenti di una prorompente pubertà e dal riflesso di un’autorità paterna soffocante, dal ricordo affettuoso di una madre frivola e dai suoi contorni sfuggenti, che si trasformano di volta in volta in sirena, albero, casa, montagna o vulcano.  

E poi, il liceo italiano e l’incontro con i poeti, con le parole e le loro forme tipografiche, che si mescolano alle immagini perché, per quest’ artista, scrivere è un altro modo di disegnare, e disegnare è l’unico modo per vedere ciò che ha vita solo in poesia.  E ancora, l’amore per i grandi maestri del passato e i loro tratti inconfondibili, scoperti alla scuola delle belle arti. Goya sopra tutti, con le notti buie dei suoi Capricci, popolate da streghe, mostri, asini in marsina e demoni con la tonaca. Sabba, prigioni e manicomi, nei quali i corpi nudi o coperti di stracci si mescolano e si deformano fino a diventare fantasmi, allucinazioni. Redon, in seguito, con il nero abissale della sua matita, dal quale affiorano le visioni di un Sant’Antonio perennemente combattuto tra la lussuria e la castità, l’Inferno ed il Paradiso. E infine Kubin, la cui lucida follia partorisce apparizioni che provengono “dall’altra parte”, da quel mondo sepolto nelle profondità della coscienza che si rivela esclusivamente sotto la mano rabdomantica dell’artista.

È solo in superficie che l’arte di Sandra Vȧsquez de la Horra ha l’ ingenuità dell’ex-voto o il candore naїf delle rappresentazioni popolari. In realtà, il suo è un universo particolarmente raffinato e dotto, nel quale però l’immagine acquista un valore cultuale nonostante il suo essere espressione di cultura. Va al di là della citazione storica e della testimonianza antropologica, si trasforma in icona, facendo sì che lo spettatore sia assorbito dal  pensiero di un Oltre e un Altrove che non si situano semplicemente in un tempo o uno spazio fisici, ma  diventano veri e propri luoghi dello spirito.

Questa tensione verso una dimensione trascendente, che altro non è se non la forma di religiosità propria all’artista, appare con maggiore evidenza quando si considera il modo in cui de la Horra termina ognuno dei suoi disegni bagnandolo nella cera d’api, fino a renderlo simile ad una reliquia o ad un feticcio. Come se la figura, immersa nella trasparenza che la immobilizza e allo stesso tempo la magnifica, dovesse rinunciare alla vita per preservare l’esistenza. In una sorta di rito magico, nel quale vegetale, minerale e animale (carta, graffite e cera) sono chiamati a riunire i loro poteri per rendere visibile ciò che una semplice rappresentazione grafica non potrebbe evocare.  Ed anche la disposizione dei fogli sulle pareti concorre alla creazione di quest’atmosfera misterica che pervade tutta la sua opera. In effetti, i disegni non sono mai incorniciati ed esposti linearmente, ma solo appuntati sul muro con chiodi esili come spilli, e distribuiti a gruppi che formano nello spazio polittici sinusoidali o circolari, come pale d’altare di una chiesa immaginaria.    

Sandra Vȧsquez de la Horra - scrive Jean-Christophe Ammann nella sua bella monografia – “…è un’ artista che vive il mondo organicamente, estaticamente, eccessivamente, asceticamente, introspettivamente e ironicamente. I suoi corpi pensanti catalizzano il dramma come una specie di storia dell’umanità: amore, odio, malinconia, guerra e morte”.  Un’artista rara .

 

Sandra Vȧsquez de la Horra in “Drawing/ The bottom line” - S.M.A.K. Stedelijk Museum voor Actuele Kunst -  Gent – Belgium – fino al 31.01.2016 

 

 

16-10-2015 | 16:33