Vent'anni senza Hugo Pratt
Sono ormai passati venti anni dalla morte di Hugo Pratt (20 agosto 1995) e quasi 50 da quando comparì per la prima volta, nel 1967, il personaggio maggiore da lui inventato: Corto Maltese, il marinaio avventuriero. Ciò nonostante, l'interesse per la sua opera non sembra diminuire.
I fumetti di Hugo Pratt continuano ancora oggi a far presa sui giovani (e non solo) e Corto Maltese è più che un eroe letterario, una vera e propria icona la cui effigie ha un potere evocativo pari a poche altre.
Non c'è da stupirsene se si pensa a cosa sia la giovinezza – intesa come state of mind non come età – e a quali siano gli ingredienti che ritroviamo in personaggi come Corto: avventura, disinteresse romantico, gusto per la sfida, mancanza di cinismo, amicizie fraterne e donne da conquistare, ricerca di sé, curiosità del mondo e gusto per l'ignoto.
Parlare di Corto Maltese è parlare di Hugo Pratt, e viceversa. Vita e Arte hanno coinciso in questo autore al punto che l'eroe inventato diviene una sorta di alter ego del suo autore, oltre che la proiezione, anzi la sedimentazione, di tutti i volti di quella colorita umanità che quest'ultimo ha incontrato nella sua intensa esistenza.
Hugo Pratt era a tutti gli effetti un cittadino del mondo, nelle sue vene scorreva sangue inglese, turco ed ebreo marrano. Nato a Rimini, per caso, ma cresciuto da bambino in una Venezia che era ancora una città aristocratica e cosmopolita – una porta verso Oriente attraversata da gentiluomini e mercanti di tutte le culture – aveva poi vissuto in Abissinia, Argentina, Inghilterra, Francia e infine Svizzera, dove morì.
E sempre aveva fatto il fumettaro, come si definiva lui, spinto in giro per il mondo dalla curiosità e da una fame di vita e di gente: quella gente, di mare o di bottega, con cui amava chiacchierare e intrattenersi a suonare la chitarra. Disse di sé “La mia vita è colma di sorprese e di piaceri. Le mie numerose ricerche in ogni canto mi hanno permesso di meglio comprendere il mondo e me stesso”.
Tutto ciò inevitabilmente lo si ritrova nelle sue tante storie illustrate, non solo in quelle di Corto. “Vorrei che le mie storie creassero delle immagini che fossero come dei segni e spingessero quindi a una maggiore curiosità. Una piccola curiosità che apre le porte di un mondo sconosciuto”.
I fumetti di Pratt rappresentano uno dei punti più alti di questa forma d’arte, non solo dal punto di vista grafico ma anche per lo spessore dei contenuti, per la capacità di far riflettere. Non c'è solo l'esperienza di vita a nutrirli ma anche le vaste letture del suo autore, che possedeva una biblioteca di oltre 35mila volumi: dai classici, come Melville, Joseph Conrad, Jack London, Stevenson o Salgari, ai nordamericani Kenneth Roberts, Zane Grey, Hemingway, o ancora i sudamericani Octavio Paz, Roberto Arlt e Jorge Louis Borges. Senza contare la passione per i testi esoterici e per tutto ciò che è iniziatico e indecifrabile.
A dirla tutta i suoi fumetti, all'epoca, non furono apprezzati unanimemente. Pratt, vero anticonformista, raccontava un mondo immaginario intriso di valori che non erano condivisi in un momento storico i cui dogmi erano da un lato il verbo di Marx e Marcuse, dall'altro il profitto, la logica del produci-consuma.
Non si riconobbe mai nei due modelli sociali che divisero il Novecento, presunti possessori della formula magica per ottenere il migliore dei mondi possibili. Era un libertario, interessato all'avventura “avventura è cercare qualche cosa che può essere bello o pericoloso ma che vale sempre la pena di vivere”.
Amiamo immaginare che gli sarebbe piaciuta questa frase di Borges: “Come ben sapete, ho viaggiato molto, il che mi ha permesso di comprovare l'affermazione che il viaggio è più o meno illusorio, che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, che tutto è una sola cosa e sempre la stessa, eccetera, ma anche, paradossalmente, che è infondata la sfiducia di trovare sorprese e cose nuove: in realtà il mondo è inesauribile”. Dunque come non essere dalla parte di Hugo Pratt?