Da Bottura con furore
Calamaro ripieno
Tokuyoshi – Milano – Chef Yoji Tokuyoshi
La poesia parla una lingua straniera, ha scritto Aristotele. Anche per questo, con il favore delle circostanze biografiche, la cucina di Yoji Tokuyoshi, sous-chef di Massimo Bottura per quasi dieci anni, si configura come un costante rimpallo di tradizioni. Dove le tecniche e la filosofia del Giappone vengono tradotte in un’ingredientistica quasi esclusivamente italiana: lui la chiama “cucina contaminata”, per distinguerla dalla fusion con il suo paniere indiscriminato. È il caso, fra gli altri, del calamaro ripieno, forse il piatto simbolo dell’infanzia del ristorante Tokuyoshi, inaugurato nel mese di febbraio. Caso fulgido di non cottura (o quasi) di un cefalopode, visto che questo viene prima intagliato secondo l’usanza giapponese, poi scottato per appena dieci secondi a 90 °C, cosicché la polpa resta praticamente cruda. A giovarsene non è solo la testura, che risulta al limite della burrosità, ma soprattutto il gusto, perché secondo i cuochi giapponesi la dolcezza del calamaro è riposta nel centro del suo spessore e risulta quindi più fruibile grazie alla tecnica di intaglio. Un calamaro come non lo abbiamo mai gustato, la cui dolcezza è contrastata dalle punte bruciacchiate dal cannello. Sotto è ammucchiato un italianissimo ragù di tentacoli battuti al coltello, con pomodoro, pangrattato e aromi mediterranei: la classica farcia del calamaro ripieno. Quindi il confronto fra una cottura brevissima e una assai lunga, a temperature di servizio ben diverse: la parte superiore appena tiepida, quella inferiore calda ma non troppo, per non innescare una cottura ulteriore. L’effetto visivo è quello di un sushi, con la farcia al posto del riso. Ma il richiamo ulteriore è a Gualtiero Marchesi e al suo raviolo aperto come una frontiera per cui transitano profumi e suggestioni.
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