E Albert Einstein fu obbligato alla fuga
I primi mesi del 1933 sono stati segnati da un susseguirsi di avvenimenti che sconvolgeranno in modo irreversibile la vita degli Ebrei, dapprima in Germania e poi nell’intero continente. Il boicottaggio delle loro aziende, la promulgazione di leggi che li discriminano nella pubblica amministrazione e nelle libere professioni, i roghi dei libri, la nascita della Gestapo e l’avvio della sua inarrestabile attività di schedatura e sopraffazione. Dopo aver preso il potere, Hitler non ha atteso un solo istante prima di scatenare con veemenza e metodo l’offensiva antisemita, elevando l’odio razziale a pricipio ispiratore dell’azione dello stato e affrancando dalla vergogna e dalla responsabilità chiunque ne avesse già fatto una pratica quotidiana. Così, da un giorno all’altro, il “giudeo” è diventato ufficialmente il nemico della porta accanto. Ogni buon cittadino si sente ormai legittimato ad insultarlo, aggredirlo e denunciarlo, certo dell’approvazione dei propri compatrioti. E, malgrado il deterioramento della situazione vissuto negli ultimi anni, molti sono gli Ebrei comunque sorpresi dalla repentina brutalità con la quale le parole si stanno traducendo inesorabilmente in fatti.
La maggior parte di loro sono borghesi, perlopiù benestanti. Il loro grado di istruzione è decisamente più elevato rispetto alla media nazionale. Tanti sono gli avvocati, i giudici ed i medici. Numerosi coloro che occupano ruoli di primo piano nei campi della finanza, del commercio, della cultura, della scienza e delle arti. E su questo dato di fatto si fonda la teoria del “complotto ebraico” con la quale viene giustificata quella che, fin dagli inizi, è una persecuzione sistematica. L’invidia sociale, ormai protetta dalla legge, può finalmente bearsi dell’umiliazione dello Jude, della sua spoliazione, della violenza che in modo sempre più strutturato inizia a colpirlo. Professionisti costretti dalle SS a sfilare per strada scalzi e senza pantaloni, con la testa rasata ed un cartello di scherno appeso al collo, negozi saccheggiati e devastati, attori e musicisti ai quali viene impedito con la forza di esibirsi in pubblico, scienziati definitivamente privati di ogni strumento di ricerca, professori cacciati dalle scuole e dalle università.
Ciò nonostante, relativamente pochi sono quelli che, come il premio Nobel Albert Einstein, scelgono da subito la via della fuga e dell’esilio finché è ancora possibile. Alcuni tentano invece di resistere pacificamente, mossi da un sincero sentimento patriottico e dalla convinzione che la grande Germania non potrà tollerare a lungo una tale ingiustizia. Ad esempio Philipp Nussbaum, obbligato a lasciare la carica di dirigente del Circolo dei Cavalleggeri di Osnabrück, che prende pubblicamente commiato dai suoi camerati con un discorso nel quale dice : “ …per l’ultima volta, cari commilitoni, vi saluto come un soldato leale e sappiate che, se dovessi essere richiamato a servire la nostra bandiera, sarò pronto a schierarmi ancora al vostro fianco”. Altri provano a tracciare una strada per tenere in vita la propria identità culturale malgrado l’ostilità generale. Come Kurt Singer, direttore dell’Opera di Berlino dimesso d’ufficio, che fonda il Kulturbund Deutscher Juden e raccoglie intorno ad esso centinaia di artisti ed intellettuali ebrei al fine di organizzare concerti, spettacoli e conferenze. Ma, i più sono sconcertati dalla barbarie. Smarriti, impauriti, impietriti e impotenti di fronte alle continue vessazioni, si sforzano di sopportare e, come Albert Salomon, cercano rifugio nell’anonimato. Coltivano la speranza che il male passerà, in virtù di un fragileottimismo nutrito solo dall’assenza di altri appigli. Quell’ottimismo che con amarezza farà dire a Billy Wilder :” I pessimisti sono finiti ad Hollywood, gli ottimisti ad Auschwitz”.
L’Imbianchino, che ha già avviato la costruzione dei primi campi di concentramento, dà prova di un vigore inestinguibile nell’odio, nell’arte di un odio che la ragione non può capire e nell’odio di un’arte di cui le ragioni gli restano oscure. I suoi discorsi, provati e riprovati meticolosamente come una recita teatrale, fanno costantemente richiamo al degrado culturale del paese “provocato da quell’arte moderna che gli Ebrei amano e con la quale stanno corrompendo la società”. “Quell’arte che avvelena il popolo tedesco con opere il cui valore è inversamente proporzionale alla lunghezza dei capelli dei criminali che le hanno dipinte. Opere incomprensibili per l’uomo medio, così come è incomprensibile che i loro autori vivano negli ateliers e non nei manicomi”. Litanie declamate di fronte a folle enormi, raccolte all’interno degli imponenti apparati scenografici che lui stesso prende cura di disegnare. Perché Hitler concepisce l’azione politica come un’opera d’arte totale, che traduce l’esercizio del potere nell’arte di governare. Ovviamente, senza la benché minima consapevolezza del fatto che la propria arte stia all’Arte come la musica militare sta alla Musica.
Per Felix ormai è chiaro, non è più possibile rientrare in Germania. La residenza all’estero si è trasformata in esilio. Osnabrück, Amburgo e Berlino sono entrate a far parte di un passato che, seppur prossimo, è diventato remoto tutto d’un tratto. La bella villa dove abitano i genitori, l’edificio austero dell’istituto d’arte, lo studio di Xantener Strasse, sembrano dissolversi nella memoria di un paese che ha cessato di esistere. Tanto più lontano quanto più è dolce l’inizio dell’autunno sulla riviera ligure. Le ferite recenti sono aperte e fanno male. Gli basta chiudere gli occhi per sentire l’odore del fumo denso di trementina che sale dalle sue tele date alle fiamme. Rivede il ghigno feroce di von Merveldt mentre gli sferra un pugno e il volto di Felka rosso di pianto. Pensa al modo in cui Justus lo avrebbe difeso. Justus, suo fratello maggiore, tanto amato e così disperatamente irraggiungibile. Ma, in fin dei conti, Felka e lui sono ancora molto giovani, si vogliono bene e la vita deve essere davanti. E allora, provano a immaginare una via d’uscita, una strategia di salvezza. Forse la Palestina ? O la Svizzera? Parigi? Per il momento Alassio, il Golfo del Tigullio, Sanremo, sono luoghi protetti dove almeno riprendere fiato e cercare di chiarirsi le idee. Anche i quadri dipinti agli inizi di questo breve periodo di pausa sono pervasi da un’atmosfera di sospensione. Si tratta di marine e paesaggi dai quali la figura umana è assente e nei quali nulla si muove.
Dopo le vacanze in Italia, Charlotte è tornata a Berlino ed ha trovato il padre in uno stato di profonda prostrazione. Albert Salomon passa le giornate chiuso nel suo studio. Parla poco, quasi niente e, quando lo fa, è facile capire che sta pensando ad altro. Sua moglie Paula è passata dal rango di diva del canto lirico a quello di una dilettante che può esibirsi solo sporadicamente in una sala di quartiere accomodata alla meglio per l’occasione. Eppure conserva la speranza di ritornare sulle grandi scene. Continua ad esercitarsi ogni giorno sotto la guida di Alfred Wolfsohn, il maestro di canto che Kurt Singer le ha inviato quando la sua insegnante ariana ha deciso di non seguirla più. È un uomo particolare, ferito, appassionato e molto ingombrante. Charlotte, anch’essa sua allieva, ne subisce il fascino. Vive la presenza in casa di quel personaggio singolare come un piacere e, allo stesso tempo, come un pericolo. Forse Paula dovrebbe occuparsi un po’meno di sé e delle proprie aspirazioni per prestare più attenzione a suo padre. E poi ci sono i nonni, che hanno deciso di lasciare la Germania. La loro amica Ottilie Moore, americana di nazionalità ma tedesca di nascita, li ha invitati a trasferirsi nel sud della Francia per sfuggire ai pericoli di Berlino. La signora Moore ha una grande proprietà a Villefranche - sur - Mer, chiamata L’Ermitage, e nel giardino c’è una dépendance destinata ad ospitarli. Anche a scuola la situazione si fa difficile per Charlotte, che è sempre più spesso vittima dell’astio antisemita di compagni ed insegnanti. Lascerà l’istituto dopo pochi mesi e terminerà l’anno scolastico preparandosi all’esame privatamente. Si sente estremamente sola. Disegna per pomeriggi interi, ma di rado non getta quello che fa.
14 ottobre 1933
A Ginevra, la Germania abbandona la conferenza internazionale sul disarmo e contestualmente esce dalla Società delle Nazioni. Il Führer ha deciso di chiudere le porte al resto del mondo per potersi occupare con maggiore efficacia della pulizia etnica intrapresa dentro le mura di casa.
12 novembre 1933
Hanno luogo le elezioni politiche nazionali. Agli elettori viene presentata una lista unica composta solo da membri del NSDAP e da alcuni indipendenti dichiaratamente filonazisti. La segretezza del voto è stata abolita ed il suffragio deve essere espresso in modo palese. Partecipa il 96% degli aventi diritto, la lista unica ottiene il 92% dei voti. Quaranta milioni di Tedeschi si esprimono a favore dell’Imbianchino. Nella stessa occasione, viene ratificata con un referendum la decisione di uscire dalla Società delle Nazioni. Il nuovo Reichstag si insedierà il 12 dicembre sotto la presidenza di Hermann Göring.
30 gennaio 1934
Un anno, giorno per giorno, dopo la nomina a cancelliere, Hitler promulga il Decreto per la ricostruzione del Reich con il quale scioglie i parlamenti dei Lӓnder e trasferisce tutte le loro prerogative al governo da lui presieduto. Questo gli permette, da un lato, di centralizzare definitivamente l’esercizio del potere e, dall’altro, di estendere in modo capillare l’attività di controllo della Gestapo al territorio di ogni regione del paese.
Febbraio 1934
I genitori di Felix, Philipp e Rahel, decidono di lasciare almeno temporaneamente la Germania e si recano in Svizzera. Justus, invece, resta a Osnabrück per dirigere l’azienda di famiglia in compagnia del cugino Alfred Gossels. Lavorare sta diventando quasi impossibile ed ogni giorno porta con sé la sua razione di angherie. Le stelle di David dipinte in giallo e nero sui muri del magazzino sopra la scritta Kauf nicht bei Juden!, la costante presenza di un paio di SA ad intimidire i clienti davanti all’ingresso, le pressioni sui dipendenti perché incrocino le braccia, i blocchi ripetuti dei camion dei fornitori. E tutto ciò senza che nessun ricorso alla legge sia possibile per difendersi. Justus, sua moglie Herta ed il cugino Alfred combattono una guerra quotidiana con le sole armi della volontà.
Ultimi giorni di febbraio 1934
Felix porta a termine Distruzione, il quadro iniziato l’estate precedente, subito dopo aver ricevuto la notizia dell’incendio del suo studio di Berlino. È il risultato di vari schizzi preparatori all’acquerello e inchiostri su carta, nei quali compare una coppia in lacrime nel mezzo di rovine molto riconoscibili, come quelle della Torre di Pisa o del Colosseo. Si tratta di un dipinto ad olio di piccole dimensioni (nella foto in basso). Sulla sinistra gli ateliers di Villa Massimo, davanti ai quali le figure quasi fantasmatiche di un uomo ed una donna si abbracciano. Al centro c’è l’Anfiteatro Flavio ed in primo piano alcune tele distrutte. In una di esse si intravede il Golgota con le tre croci. È un incubo italiano, questo addio a Roma, vissuto con dolore e ricordato in un’opera dichiaratamente ispirata alle piazze di De Chirico.
Marzo 1934
Ormai Charlotte si dedica alla pittura in modo quasi esclusivo. Vuole assolutamente tentare di entrare all’Accademia. Suo padre cerca di dissuaderla perché sa che il numero di Ebrei ammessi non può superare l’uno per cento degli allievi e teme un’ennesima occasione di sofferenza per la figlia. Allora, prova a convincerla che è più ragionevole iscriversi ad una scuola di disegno di moda, dove sarebbe meglio accetta. Charlotte acconsente, ma non resiste più di una settimana tra figurini e progetti di cappotti per signora. I suoi modelli sono Chagall, Beckmann, Nolde e Kokoschka. Alla fine, Albert Salomon decide di offrirle le lezioni di un’insegnante di disegno e pittura per preparare l’ingresso alle Belle Arti.
24 aprile 1934
Con un decreto legge l’Imbianchino istituisce il Tribunale del Popolo. È lui stesso che ne nomina personalmente i membri. Si tratta di un organo di giurisdizione penale speciale al quale è riservata la competenza sui reati politici. La particolarità del giudizio di fronte a questa corte è l’inappellabilità delle sentenze da parte dell’ imputato, mentre la pubblica accusa può ricorrere in secondo grado per richiedere un inasprimento delle pene. All’imputato non è concesso nemmeno il diritto di scegliere il proprio difensore, che viene nominato d’ufficio dal presidente del tribunale. Nei successivi dieci anni di attività il Volksgerichthof emetterà oltre diecimila sentenze di condanna a morte.
2 maggio 1934
Felix e Felka rendono visita a Fritz Steinfeld, un vecchio compagno di scuola, che ha
scelto di espatriare e da Osnabrück ha raggiunto Montecarlo via la Svizzera. Fritz è medico, sta progettando di stabilirsi a Gerusalemme dove conta di poter esercitare all’ ospedale Hadassah. Nel corso delle due giornate passate insieme, insiste più e più volte perché gli amici decidano di seguirlo, ma non riesce a convincerli. Felka teme di non ottenere il visto d’ingresso dalle autorità britanniche e Felix non vede come potrebbero continuare a dipingere in Palestina se mai riuscissero ad entrarvi, anche illegalmente. Al meglio li aspetterebbe un lavoro nei campi come contadini di un kibbutz. L’unica cosa certa è che dovranno lasciare l’Italia di Mussolini.
26 maggio 1934
Felix riceve una lettera con la quale i genitori lo avvisano del loro imminente arrivo a Rapallo. Risponde immediatamente che sarà ad attenderli e spera potranno restare a lungo. Poi chiede notizie di Justus che, come il padre e la madre, non vede da due anni.
30 giugno – 1° luglio 1934
Hitler ha deciso di regolare i conti con l’opposizione interna, a cominciare da Ernst Röhm, che chiede una maggiore indipendenza delle Camicie Brune e gli rimprovera di aver abbandonato l’ispirazione socialista del partito per ottenere l’appoggio di industriali e finanzieri. Altri obbiettivi sono Gregor Strasser, ex numero due del NSDAP, Kurt von Schleicher, già cancelliere, vari collaboratori del ministro von Papen, come von Bose e il generale von Bredow, e diversi dirigenti locali delle SA. Così, con la collaborazione di Himmler, Göring e Goebbels, viene lanciata l’ operazione che prenderà il nome di “Notte dei lunghi coltelli”. Tra Bad - Wiessee, cittadina dell’alta Baviera dove si riuniscono i vertici delle SA, Monaco e Berlino, diversi reparti delle SS arrestano e giustiziano sommariamente più di centocinquanta persone. Oltre ai principali bersagli, tra le vittime si contano anche la giovane moglie di von Schleicher, l’autista di Röhm e perfino un ignaro medico di nome Schmid, colpevole solo di omonimia con un capitano delle SA. Come sempre, l’Imbianchino ne approfitta per sistemare anche qualche pendenza privata. Quindi, fa sparare nel cuore a Bernhard Stempfle, sacerdote antisemita che lo ha aiutato nella stesura di Mein Kampf, ma che in seguito ha raccolto le confessioni di Geli Rubaul, nipote e amante del Führer, suicidatasi nel 1931 con la pistola dello zio, in circostanze molto sospette e mai chiarite.
13 luglio 1934
Hitler tiene una pubblica allocuzione, ritrasmessa dalla radio, per ragguagliare il popolo sui contenuti dell’epurazione appena compiuta. Forte di una legge promulgata ad hoc il 3 luglio e dell’approvazione che von Hindenburg gli ha ufficialmente espresso, dichiara di aver agito in difesa dello stato per sventare un complotto dei capi delle SA, macchiatisi tra gli altri crimini anche di pratiche omossessuali.
2 agosto 1934
Paul Von Hindenburg, presidente della repubblica tedesca, muore all’età di 86 anni nella residenza estiva di Neudeck, non lontano da Norimberga.
A Berlino, l’Imbianchino trasforma in titolo il nome con il quale già lo chiamano i suoi fedeli. Proclamandosi Führer del Reich, riunisce le cariche di capo dello stato, del governo e delle forze armate, ed instaura definitivamente un regime dittatoriale. Philipp e Rahel Nussbaum sbarcano a Rapallo. A Villefranche - sur - Mer, arrivano Ludwig e Marianne Grünwald, nonni materni di Charlotte Salomon.
Continua…