Il vino che nasce dal fuoco

L’Etna è un monte fertile e fortunato, può guardare il mare, può godere delle brezze saline e dei venti, può avere la neve e il caldo e può farlo in spazi temporali assai ridotti. È un luogo dalle forti suggestioni: le sue immagini si imprimono dentro come forza immateriale e ti rapiscono il cuore. La furia di distruzione del fuoco è unita alla forza generatrice di vita nei minerali delle colate laviche, nella pietra, nella terra, nell’uva. Qui dove tutto è peculiare e unico, dove le dure condizioni climatiche da alta montagna sono contrassegnate da velocissime escursioni termiche, dove le difficoltà di raccolta su terreni impervi parlano di stretti passaggi, schiene incurvate dal lavoro; ecco il fascino del rischio, della fine, che ha le sembianze del fumo, mentre aleggia in spettri neri dalle lunghe ombre. 

Qui i vini non sono per nulla facili, commerciali, suadenti, superfruttati. I bianchi sono fragili e delicati ma elegantissimi, longevi, proprio grazie alle mineralità del suolo e alle temperature che garantiscono ottime acidità. I rossi ti morsicano, sono pungenti come un pezzo di lava che stringi tra le mani, ti lasciano una lunghissima traccia, calore sensuale. Il mistero sta nelle viti: antiche, centenarie piante ad alberello che affondano le lunghe radici nella nera terra vulcanica fine, formatasi per lo sgretolamento di diversi tipi di lava e da materiali eruttivi, lapilli, ceneri e sabbie. E poi i pali di castagno, i muri a secco, i vigneti a terrazze a fare da contorno al duro lavoro dell’uomo. Una coltivazione titanica, epica per la fatica dei luoghi e delle genti. Il simbolo della viticoltura etnea è il Nerello Mascalese, Niureddu Mascalisi come dolcemente suona la lingua locale; un’uva a bacca nera molto ricca e carnosa. 

Salvo Foti è uomo etneo, da generazioni. Interprete appassionato e custode della coltivazione ad alberello, vive lavora e pensa con lo sguardo all’insù, verso “a muntagna”.  Per Salvo lavorare queste terre significa innanzitutto dare continuità. Continuità del lavoro dei suoi avi, che hanno, nel tempo e con il loro ingegno, costruito paesaggi agrari unici, trasformando vaste aree spesso impervie. Le terrazze etnee e i muretti a secco, sono esempi "ciclopici" della capitalizzazione del lavoro che hanno saputo fare nel tempo i siciliani, suoi conterranei. Ecco dunque la centralità delle vecchie vigne, spesso franche di piede, a volte coltivate in situazioni pedoclimatiche molto difficili, ma soprattutto del lavoro dell’uomo, artefice e custode dei territori e delle civiltà vitivinicole che, ogni giorno, perpetua questa millenaria affascinante cultura. L'Etna, per gli etnei, diventa dunque un imprescindibile riferimento, una presenza maestosa, non solo geografica. Fisica e psicologica, da cui gli anziani agricoltori, rivolgendo lo sguardo alla bianca sommità del vulcano, hanno assunto premonizioni, auspici, previsioni climatiche. Sono stati loro che hanno tramandato il fascino dell’Etna. 

Quel fascino che oggi si riverbera nei vini, nei profumi, nelle densità in quella vera e autentica unicità che solo il fuoco e la lava sanno dare. Le vigne di Salvo stanno nel versante nord del vulcano, tra gli 800 e 1.200 metri di altitudine. Estese su un ettaro e mezzo, sono dislocate in due appezzamenti, poco distanti tra loro, immerse tra boschi di querce. La vendemmia si effettua a ottobre, periodo sempre fresco che rende possibile svolgere la vinificazione senza l’utilizzo del freddo, senza lieviti selezionati e utilizzando solo botti e tini di legno. L’affinamento, i travasi al momento migliore, nel rispetto delle fasi lunari, e il giusto tempo dell’attesa compiono il miracolo: il perfetto, nell’imperfetto, perfetta sintesi di un vino.

Vinupetra, I Vigneri, 2008 

Vinupetra di un bellissimo colore rosso rubino, denso e brillante. Al naso profuma di frutta matura non dolciastra; fragole e ciliegie e una sottile nota di bosco e di erbe balsamiche e selvatiche di montagna.

Vinupetra, I Vigneri, 2006 

Caldo e avvolgente, ampio, seducente, di annata calda, come abbraccio di donna siciliana. In bocca è lungo, armonico e presenta in superficie la frutta legata alla complessità del minerale, su tocchi di alcune spezie delicate.

Vinupetra, I Vigneri, 2005 

Annata sottile, espressione elegante e profondamente minerale, lavica. Vino profondo e austero, dai pochi fronzoli, asciutto, di frutta compatta, pepe nero e thé Assam, nel fascino delle spezie.

(foto di Salvo Foti)

01-02-2014 | 22:56