La bellezza della piovra
Una scarica frastornante, generata dal contatto fra contrari. Come un fulmine, ma in bocca, secondo un modello di bellezza presente nell’estetica occidentale fin dall’antica Grecia. Lorenzo Cogo docet.
Una scarica frastornante, generata dal contatto fra contrari. Come un fulmine, ma in bocca, secondo un modello di bellezza presente nell’estetica occidentale fin dall’antica Grecia. Lorenzo Cogo docet.
Da una parte il controfiletto appena rosolato e avvolto in una foglia di verza, sbollentata e caramellata in forno; fatto riposare e riscaldato nel suo involucro. Dall’altra lo spicchio di pera aromatizzata in osmosi, ossia sottovuoto, con peperoncino habanero e cardamomo, per una sensazione di mostarda ma a crudo, fresca e croccante. Tutto questo da chef Alessandro Panichi.
Rimbalza dal piatto di Alessandro Dal Degan, un misterioso crogiolo di ingredienti tanto poveri quanto disparati, che esplodono nella luce spietata del suo flash. Come è bello il giallo, allora: quello della trippa cotta in bianco e mantecata con tuorlo d’uovo, succo di limone e Parmigiano, come una comune fricassea. Vicina a Vincent van Gogh.
Non sarà forse la caffeina, trasmessa in piccolissime dosi alla polpa grazie alla superficie di contatto in cottura, per la mediazione dell’acqua, ma sta di fatto che lo sgombro di Valentino Cassanelli vola sul piatto come un pesce farfalla, mai così agile e leggero. E della farfalla imita il colpo d’ala nella cialda di patate viola, lessate con l’aceto, passate, stese, essiccate e fritte, per un effetto glossy e segoso.
Andrea Ribaldone chef de "I due buoi" di Alessandria ci presenta gli agnolotti ripieni di vitello ed erbe aromatiche. Quindi una sfoglia tutta tuorli, come piace in Piemonte, e il ripieno di sempre, secondo la ricetta di zia Tilde, tipica di Lu Monferrato.
La poesia parla una lingua straniera, ha scritto Aristotele. Anche per questo, con il favore delle circostanze biografiche, la cucina di Yoji Tokuyoshi, sous-chef di Massimo Bottura per quasi dieci anni, si configura come un costante rimpallo di tradizioni. Dove le tecniche e la filosofia del Giappone vengono tradotte in un’ingredientistica quasi esclusivamente italiana. Dopo dieci anni da Massimo Bottura.
Giuseppe Iannotti, chef autodidatta del Kresios di Telese, cattedrale della cucina avanzata nel deserto del Sannio, ha deciso di cimentarsi con il pesce che in questo momento ispira maggiormente i cuochi: lo sgombro, al quale ha adeguato la ricetta originale con l’aiuto del suo secondo Tadashi Takayama. Con le lische, intere, e la testa svuotata, che vengono fritte in olio due volte.
È’ un caso di scuola di “parallelismo tautologico”, nella più ampia fattispecie della “gradinatura” teorizzata dai formalisti russi, lo schema della variazione che informa tanta cucina contemporanea, portato a compiuta sistematizzazione da Pier Bussetti ai tempi della Locanda Mongreno, dove a ogni ricetta filologica della tradizione piemontese rispondeva un controcanto avanguardista. Qui lo riprende, a modo suo, Cristoforo Trapani.
“Questo vi sarà detratto dalla vostra porzione di paradiso, mi disse tendendomi la dose che mi spettava”. Nelle prime pagine di "Il Club dei mangiatori di hascisc" Théophile Gautier inizia così ad incidere, incastonare e cesellare la propria misteriosa esperienza in un vecchio edificio parigino sull’isola di Saint Louis: l’hotel Pidoman. Gautier, importante esponente culturale del mondo artistico francese dell’Ottocento, al quale Charles Baudelaire ha dedicato Les Fleurs du mal, rimane comunque un personaggio difficilmente classificabile.
Chef Silvio Salmoiraghi istiga la nostra curiosità con un piatto tricolore. Bianco, rosso e verde tra cicoria, panna e fragole. Dove il rosso sta per paté di fragole e pomodoro. Patriottico sì, generazionale sì, ovvio no. Perché se la dialettica è fatta di armonie e contrasti significa che siamo vicini al capolavoro. Tra storia e cultura che stanno ad osservare.
Copyright © 2024, I Fiori del Male s.r.l,
- Credits NaftaComunicazioneCodice fiscale e Partita Iva: 12495131000