I fantasmi che abitano le case

Il conversatore sa che i fantasmi sono uno scherzo della memoria: in una casa il cui abitante é morto da poco si sente ogni genere di scricchiolio e cigolio, ma é solo un effetto della memoria, perché i normali rumori prima attribuibili a qualcuno ora sono altrettanti fantasmi che aleggiano nella nebbia dell’automatismo.

Vivente l'inquilino la memoria diceva alla paura “sta buona: quel rabbrividente strascinar di sedie é del suo sedersi”, ma ora che é morto qual é la causa? Ovviamente dei fantasmi.

Una seconda persona in casa garantisce un rassicurante colpevole a ogni suono, laddove viceversa la sua morte trasforma anche il discreto scatto dello scaldabagno in un terrificante agitar di catene. Cosa fa in questa situazione il conversatore sprovvisto di tavolino a tre piedi? Legge.

La tempra da conversatore é il giusto punto di partenza per decifrare negli stromata sonori una trama precisa: anziché fissarsi le grinze interne delle dita vedendoci quattro minuscole bocche che si aprono e si chiudono producendo spettrali lamenti, egli sa che la cosa migliore da fare sarà leggere Picnic a Hanging Rock.

Alcuni libri dell’orrore, lontani dalla comicità involontaria stigmatizzata da Jane Austen in Northanger Abbey, hanno il pregio di non cercare di far vedere il male: lo lasciano, più eroticamente, presagire. Come il grande Dracula, dove non ci sono gesti teatrali alla Bela Lugosi o dentoni con salsa di pomodoro e mantelli da prestigiatore alla Christopher Lee, o come Giro di vite di James. Il punto è non far mai vedere il male e il suo teatrino: meglio lasciarlo libero di svolazzare e insinuarsi, farsi possedere dal male, ma soprattutto dalla paura che spande.

“Un’atmosfera la si può creare dalla sera alla mattina per niente o per una cosa qualsiasi, ovunque si trovino raggruppati esseri umani in condizioni non naturali” è la grande regola che il conversatore legge e rilegge in Picnic a Hanging Rock. L’esafluoruro di paura è un gas molto pesante e molto tossico, basta togliere dalla memoria il tappo di teflon e si diffonde e corrode.

Ma il conversatore non teme la paura in sé: teme di non poterci parlare se di mezzo si mette il Diavolo o il Male vestito da prestigiatore. Vuole che la paura sia libera di esprimersi e strisciare.

Quindi legge, in modo da liberarla, finché a un tratto “occhi, non un viso ora, solo quegli occhi neri fissi nei suoi”. Bene, ora possiamo conversare.

 

 

20-11-2014 | 14:18