La genialità profonda di Jane Austen

Jane Austen (1775-1817) è una delle scrittrici pre-romantiche inglesi più conosciute al mondo, maestra del dialogo, tessitrice di trame tortuose e impeccabili, osservatrice esterna di un mondo rurale e domestico e testimone di quella cultura di balli, corteggiamenti, matrimoni di interesse e formalità tipiche del periodo (nella foto l'attrice Anne Hathaway, interprete del film Becoming Jane). Nei suoi scritti non troviamo grandi eventi sociali o politici, riferimenti a guerre o profonde riflessioni filosofiche. Ma in ognuno di essi possiamo trovare un mondo intero. E un mondo vivo. Un mondo che le ha permesso di arrivare fino al ventunesimo secolo accrescendo sempre di più la sua fama, moltiplicando gli studi a lei dedicati, le continue traduzioni e soprattutto i continui corteggiamenti da parte del cinema. Molti registi le hanno infatti reso omaggio adattando o spesso “riducendo” grossolanamente i suoi romanzi, se si fa eccezione per il magistrale Ragione e Sentimento di Ang Lee.

L’idea che spesso viene forgiata è quella di una scrittrice “romantica” e “stucchevole”, dedita soprattutto a signorine svenevoli in cerca di marito. La sua sagace intelligenza e la sua ironia lasciano invece intendere tutt’altro. Così come affermava Virginia Woolf, una delle prime ammiratrici moderne della piccola scrittrice dello Hampshire. In una lettera del 1936, Woolf affermò di aver “spesso pensato di scrivere un articolo sulla crudezza di Jane Austen” e che si sentiva spesso infastidita “dalla gente che la considerava una zitella tutta smorfie e smancerie”. Secondo la scrittrice modernista, anch’essa vittima di non pochi stereotipi, si trattava invece di un “genio particolare e insolito”, una pensatrice incredibilmente penetrante e un’acuta osservatrice della realtà. Sebbene fosse una scrittrice tradizionale per forma e struttura dei romanzi, il suo perspicace uso dell’ironia e del sarcasmo è ancora da considerare come rivoluzionario e innovativo, così come la sua “intensità”:

Il suo genio è attivo e in libertà. D’un tratto i nostri sensi si acuiscono; ci pervade quella peculiare intensità che solo lei sa infondere. Ma di cosa si compone il tutto? Di un ballo in una cittadina di campagna; alcune coppie che si incontrano e si danno la mano in un salone; qualcuno che mangia e beve un po’; e l’unica catastrofe è quella di una ragazzo vittima dell’affronto di una signorina e ricoperto di gentilezze da un’altra. Nessuna tragedia, nessun eroismo. Eppure, per qualche strana ragione e nonostante la sua superficiale solennità, le scene ci toccano in maniera sorprendente.

Virgina Woolf amava i “fatti”” della vita in un romanzo ma allo stesso tempo detestava quei fatti triviali che non avevano alcuna ripercussione sulla coscienza umana, quelli che erano pedissequamente enucleati in tutti i romanzi del periodo. Per questo la sua fascinazione per Jane Austen non poteva che essere illimitata, a causa del suo riuscire a coniugare fatti apparentemente triviali con “un’emozione molto più profonda”, la stessa emozione che potrebbe farci leggere o rileggere i suoi romanzi con rinnovato interesse:

Jane Austen possiede dunque la maestria di raggiungere un’emozione molto più profonda di ciò che lascia apparire in superficie. Ci invita a colmare i vuoti di ciò che non viene espresso. Pare offrirci delle bazzecole, le quali però si compongono in qualcosa che si espande nella mente del lettore, e investe di vita durevole scene all’apparenza triviali.

 

(I brani in corsivo: Woolf, “Jane Austen”, trad. Federico Sabatini).

 

 

13-04-2014 | 13:25